Le scandalose vicende che hanno scosso il mondo del calcio in Italia negli ultimi sei anni (e che presumibilmente si protrarranno fino a raggiungere almeno il decennio, prima di trovare un’equa conclusione per tutte le parti coinvolte), generalmente conosciute come “Calciopoli” e “Scommessopoli” ci inducono ad una riflessione circa le origini e i caratteri sostanziali del malessere.
Siamo, infatti, convinti che prima di enunciare ipotetiche soluzioni o presunti palliativi al malessere, ormai degenerato in cancrena, occorra individuarne le cause.
Senza di che, il rischio di un ipotetico flop appare alquanto fondato.
L’analisi che condurremo si limita al mondo del calcio Italiano, sebbene alcuni caratteri che verranno in evidenza, siano ormai presenti anche in altre discipline sportive.
Sport e spettacolo
Va, in primis, esaminata l’ormai annosa questione se “lo sport del calcio” (in Italia, ma anche nel resto del mondo) possa ancora annoverarsi tra le attività qualificabili “sport”.
Noi riteniamo, da tempo, che ormai lo “sport del calcio” debba correttamente qualificarsi “spettacolo del calcio”. E ciò in considerazione della generalizzata nozione di impiego del tempo libero da dedicare, appunto, alla scelta ed all’utilizzo di strumenti di evasione dallo stress lavorativo quotidiano (leggere un libro, assistere ad un film o ad una rappresentazione teatrale, o ad un concerto e così via. Cui va aggiunto, ormai, l’assistere, allo stadio o in tv, ad una “partita di calcio”).
Insomma, nulla a che vedere, ormai, con la nozione di “sport” quale “manifestazione agonistica individuale o di gruppo” (Zingarelli - Vocabolario della lingua italiana).
Ma non basta; perché lo stesso Zingarelli ci insegna che per “sport”, in origine, si intendeva un “divertimento” (la parola "sport", di origine anglosassone, indicava, appunto, divertimento; mentre nell’accezione francofona, deriva da “desport” che equivale a diporto, svago, divertimento; quindi, spettacolo per il divertimento proprio e/o altrui).
Spettacolo a fine di business
Quindi, per identificare correttamente la moderna degenerazione concettuale dello “sport del calcio”, occorre aggiungere, alla nozione di “spettacolo del calcio”, la qualificazione “a fini di business”.
In definitiva, occorre prendere atto, ormai, che la nozione dello “sport del calcio” si è rigenerata nella nozione di “spettacolo del calcio a fine di business”.
Business, cupole e mafie
Con questa nozione di spettacolo del calcio a fine di business, cominciamo a meglio comprendere:
- le motivazioni degenerative in atto: dove c’è denaro (in abbondanza!), è inevitabile che si ritrovino anche, malversazioni, attività delittuose, reati vari, cupole e mafie: guarda caso, proprio le degenerazioni che hanno prodotto “Calciopoli “e “Scommessopoli”;
- le conseguenti, ipotetiche soluzioni alla degenerazione in atto.
Origini della degenerazione
Quindi, nessuna meraviglia: gli scandali passati, presenti e futuri, sono le conseguenze della modificazione, concettuale e sostanziale, verificatasi nello “sport del calcio”, ormai non più tale, ma diventato affarismo spinto, degenerante, per ciò stesso, in attività delittuose.
Ipotetiche soluzioni
Se la disamina prospettata appare realistica, e quindi condivisibile, si potrebbero tracciare alcune conseguenti, ipotetiche soluzioni:
- lo “spettacolo del calcio a fini di business” va escluso dal sistema del CONI e delle federazioni sportive, in quanto non trattasi più di “sport”;
- con buona pace di Petrucci (CONI) ed Abete (FIGC), le relative strutture, ormai chiaramente incapaci di svolgere correttamente le proprie funzioni su una attività sfuggita alle loro “competenze”, vanno chiuse;
- l’attività stessa va lasciata alla libera iniziativa e gestione di persone fisiche o giuridiche operanti nel settore degli spettacoli;
- la regolamentazione normativa dovrebbe fare riferimento alle leggi che regolano, appunto, gli spettacoli pubblici, con adeguamenti specifici, sull’esempio di quanto già accade in altre nazioni (come, ad esempio, nel basket USA, NBA).
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