lunedì 27 febbraio 2012

MILAN-JUVENTUS - Ultimo capitolo: le conseguenze


Chiudiamo l’argomento Milan – Juve con una carrellata sui problemi emersi nelle due giornate successive e prima che il giudice Tosel esprima le sue decisioni (mentre scriviamo, sono le 10,27 di lunedi 27).

Prova tv
Dalla diretta televisiva di SKY, e neppure nel lungo post-partita di SKY, era emerso un altro comportamento alquanto violento tenuto da Muntari, che, per sfuggire alla marcatura di Lichtsteiner, in area della Juventus, lo prende letteralmente a pugni e gomitate, atterrandolo come un pugile che manda il suo avversario ko.
La vicenda, riteniamo sia sfuggita completamente alla quaterna arbitrale (ed ai telespettatori), anche perché in quel momento, nell’area juventina, sostava il fumo di in petardo o di un fumogeno piovuto poco prima dagli spalti. In effetti, almeno noi, nella diretta televisiva, non avevamo notato alcunché di particolare.
Solo domenica mattina le riprese, con moviola, sono apparse sugli schermi di SKY - almeno, solo allora chi scrive ne ha preso visione.
Mentre lunedi mattina il fatto narrato viene messo in risalto sia da Tuttosport, sia dal Corriere dello Sport, sia nelle edizioni cartacee che in quelle informatiche (entrambi, prevedono la prova tv); nessun cenno è fatto da parte della “Moviola della Gazzetta”: sfuggito anche alla “moviola della Gazzetta”? O non si fida della moviola altrui?
Riteniamo che, se il fatto non è stato verbalizzato dal gruppo arbitrale, e considerato normale contrasto di gioco, debba essere oggetto di “prova tv” come per il pugno sferrato da Mexes a Borriello.

“Peso specifico” delle sviste arbitrali
L’argomento è stato dibattuto, con toni anche accesi, la prima volta, nel corso del dopo partita andato in onda su SKY, tra Boban (commentatore SKY) e l’allenatore della Juventus Conte.
Ricordiamo che, al 25° del primo tempo, è accaduto il fattaccio del gol “non visto” di Muntari. Mentre, verso il 75° è accaduto l’altro fattaccio dell’ “annullamento del gol” di Matri, regolare secondo l’opinione della generalità degli addetti ai lavori e dei moviolisti.
Dicono i milanisti (e Boban): il gol non visto di Muntari ha pesato di più (maggiore “peso specifico”, per usare le parole di Boban), rispetto a quello annullato a Matri, sulla partita, perché andando sul 2-0 la partita sarebbe stata diversa (intendendo, forse, due cose: il Milan avrebbe gestito meglio la partita; la Juve l’avrebbe considerata “persa”);
Dicono gli juventini (e Conte): non esiste, nel calcio, un peso specifico di due gol (uno per parte) non concessi. Due gol non concessi sono tali e basta.

Riteniamo che entrambi abbiano in parte ragione:
- ha ragione il Milan, perché, in generale, raggiungere il 2 a 0, dà maggiore sicurezza e rende l’incontro (cioè, la parte rimanente dell’incontro!) meglio gestibile dalla squadra in vantaggio (il contrario accade alla squadra in svantaggio);
- ha ragione la Juventus, perché, in particolare, nel caso in esame, il secondo gol era stato segnato al 25° del primo tempo, quando restavano, perciò, 65 minuti ancora da giocare; in una partita che metteva in gioco enormi chances di scudetto; contro una squadra fino ad allora imbattuta, e che, per atteggiamento generalmente riconosciuto, non si dà mai per vinta e che gioca sempre “per vincere” (come, poi, infatti, è accaduto, ha segnato davvero due gol, sebbene uno annullato, dallo stesso segnalinee, con forte odore di “compensazione”).

Adriano Galliani: rottura dei rapporti tra le due società
Apprendiamo, dalle edizioni informatiche dei quotidiani sportivi, che la dirigenza milanista ha dichiarato lo “stop ai rapporti di alleanza” fino ad ora intercorsi con la Juventus (l’articolo, apparso sulla Gazzetta dello Sport, è visibile solo sulla edizione cartacea e non anche su quella elettronica).
La cosa è spiacevole ed è auspicabile che, nei prossimi giorni, con il decantare della ruggine emersa a fine partita, tutto rientri nella normalità.
Certo, appare davvero esilarante (se non peggio) che uno dei massimi artefici delle incomprensioni di questo periodo, tra le due società (lo stesso Galliani, cioè), si ritenga, poi, danneggiato al punto da rompere le relazioni di amicizia (ma non si sa bene per cosa: sembra che, a suo dire, la Juventus stia operando una nuova “Calciopoli”; ma, mancando, al momento, l’ufficialità della decisione, ci asteniamo da ogni commento).

domenica 26 febbraio 2012

MILAN-JUVENTUS - Capitolo 5: risultato 2-2


Non c’è errore di stampa o di informazione, nel titolo di questo articolo.
Infatti, riteniamo giusto archiviare il risultato di questa memorabile partita con il risultato depurato dalle gaffes della quaterna arbitrale, viste e riconosciute tali, dalla generalità degli addetti ai lavori: quindi, due a due conteggiando anche il gol “non visto” di Muntari e il gol “segnato ed annullato”, per fuorigioco inesistente, a Matri.

Il Milan
Il Milan ha giocato, per circa 65 minuti, “alla Juventus”: cioè ferocemente, pressando alto e spendendo energie fino ad ora occulte ed incredibili a vedersi, anche perché effettuato con giocatori indicati più a giocare di fioretto (Robinho, Emanuelson, Pato, Van Bommel) che di esasperato agonismo, pressing e corsa.
In questo periodo, la Juventus ha fatto quello che il Milan le concedeva: cioè poco, quasi nulla; costretta (dal pressing e dall’agonismo inatteso del Milan) ad errori seriali e talora madornali, uno dei quali ha consentito il primo gol di Nocerino (che forse andrebbe catalogato come autorete di Bonucci, considerato che la deviazione è risultata decisiva avendo fatto cambiare direzione al pallone).

La Juventus
Ha “assistito” alla gara del Milan (travestita da Juve) per 65 minuti, nel corso dei quali ha rischiato anche di subire altri gol. Inguardabile.
Negli ultimi 25 minuti, con l’ingresso dei “titolari” , fino ad allora rimasti in panchina (Matri, Pepe e Vucinic) e con l’esaurirsi psicofisico dei milanisti (tornati a giocare “alla Milan”) la Juventus ha cominciato a macinare gioco, con assedio totale e continuo all’area milanista, e raggiungendo il pareggio, maturo, con un gol limpido, frutto di una potente girata al volo di Matri su cross di Pepe.

Tutto il resto
  • il quartetto arbitrale ha lasciato molto a desiderare; e ciò non solo per le due gaffes già ricordate, ma, soprattutto, per aver permesso, per almeno 70 minuti, un gioco alquanto duro e, a volte, violento (soprattutto da parte dei giocatori del Milan, probabilmente non abituati al tipo di gioco “juventino” e portati, quindi, a strafare, magari senza volontà di far male, ma danneggiando comunque gli avversari, senza essere sanzionati dall’arbitro. Poi, nei 20 minuti finali, il metro di giudizio di Tagliavento è cambiato e sono stati mostrati cartellini gialli e rossi in modo seriale e senza criterio apparente;
  • un pugno ben potente di Mexes, a palla lontanissima, sferrato al costato di Borriello non è stato visto dalla quaterna. Se la giustizia sportiva è ancora tale (e su questo nutriamo enormi dubbi) sarebbe d’obbligo la prova televisiva e, come deciso per Ibrahimovic, penalizzare Mexes per tre giornate (questo sì che è stato comportamento “violento”);
  • il post-partita su SKY, è stato alquanto squallido ed indecoroso; con il commentatore Boban, solitamente tranquillo e molto obiettivo nelle valutazioni e nelle considerazioni, esibitosi, ovviamente a difesa dei colori milanisti, in un alterco pirandelliano con Conte; mentre Allegri, amaramente sorridente, vantava le proprie origini toscane che gli consentirebbero di ridere e scherzare di tutto (mentre, in realtà, sparava frecciate velenose verso lo staff Juventino);
  • infine, non poteva mancare il solito Galliani, il quale, ormai fuori dalle grazie, non riuscendo a capacitarsi dall’alto del suo “potere” come possa, a volte, girare storto, secondo le sue teorie, anche al Milan (assenza di Ibra, gol non visto su Muntari), a fine primo tempo, ha inscenato, stando alle cronache mediatiche (ma ad ora, nulla si è visto sulle reti televisive), incresciosi alterchi con l’arbitro (il che sarebbe vietato dal regolamento...) e con Conte.

Ulteriori considerazioni ed approfondimenti al prossimo ed ultimo capitolo di questo Milan Juventus.

giovedì 23 febbraio 2012

MILAN-JUVENTUS - Capitolo 4: Il nuovo "sentire popolare"-Ibra non gioca


Quarto Capitolo: Ibrahimovic non giocherà la partita dell’anno, Milan-Juventus.

Infatti, è appena stata resa pubblica la sentenza della Corte di Giustizia Federale che ha respinto il ricorso presentato dal Milan e confermato le tre giornate di squalifica che erano state inflitte al giocatore dopo l'espulsione rimediata contro il Napoli, per aver colpito Aronica, nel match del 5 febbraio scorso.
Pur non conoscendo ancora la motivazione, confessiamo che la decisione ci sorprende; meglio: ci sorprende dal punto di vista dell’applicazione del regolamento: le tre giornate si applicano ai comportamenti classificabili come “violenti”.

Le immagini televisive evidenziano chiaramente che Aronica neppure si è accorto del buffetto (perché di questo, si è trattato) di Ibrahimovic.
E comunque, classificarlo “comportamento violento” è fuori luogo; non corrisponde alla nozione di “violenza” che possa essere acquisita da un qualsiasi “buon padre di famiglia”.

E allora? Come spiegare questa decisione chiaramente irrispettosa della lettera e dello spirito delle regole?
In questa nuova tragicomica decisione della giustizia (si fa per dire) sportiva, riteniamo che stiano tornando prepotentemente alla ribalta i retaggi di Calciopoli: gli organismi sportivi, politici, arbitrali e giudiziari, sono in piena confusione.
La giustizia sportiva, ormai, non decide più secondo i canoni previsti dalle leggi e dai regolamenti sportivi; ma, come accaduto per “Calciopoli” , e chiaramente affermato dai giudici che hanno sentenziato la condanna della Juventus, si decide secondo gli umori del momento e cioè, secondo l’ormai famosa espressione adottata, appunto, dai giudici di calciopoli, nella sentenza contro la Juventus: “abbiamo deciso dando ascolto al sentire popolare”.

Chiariamo: non intendiamo assolutamente affermare che il “sentire popolare” che nel 2006 era avverso alla Juventus si sia ora rivoltato verso il l Milan. Assolutamente no.
Intendiamo dire, invece, che è stato penalizzato il modo di fare e di esternare di Galliani, che, mettendo subito le mani avanti (“non più di due giornate”), ha chiaramente indispettito i giudici. I quali, ripetiamo, ormai, decidono senza applicare i regolamenti, ma secondo le sensazioni; secondo l’aria che tira al momento delle decisioni.

A conferma di quanto andiamo sostenendo, riportiamo il comunicato emanato dal Milan, subito dopo aver conosciuto l’esito del ricorso:

"La decisione della Corte di Giustizia Federale è ingiusta, perché ha applicato una sanzione destinata agli atti violenti, ad un atto che violento non è stato. È un grave errore giuridico".

D’accordo. Perfettamente d’accordo su tutto (tranne che sul “giuridico”. Non è un errore “giuridico”, ma un errore “giudiziario”. Scherzi del nervosismo immediato; ma non dovrebbe succedere).
Ora, il caro Galliani, che tocca per mano, in prima persona, la pseudo-filosofia di cui è impregnata “Calciopoli”, potrà cominciare a farsene una ragione e magari ad apprezzare nella giusta misura gli sforzi del Presidente Agnelli, diretti a ristabilire una giustizia sportiva “giusta”, anche ricorrendo alla giustizia ordinaria.
Buon Milan-Juventus a tutti

MILAN-JUVENTUS - Capitolo 3: Arbitra Tagliavento


Nel momento in cui scriviamo (ore 14.00), la notizia è appena apparsa su “Tuttosport.com”.
Non ancora, su “Gazzetta.it”.

Come era oltremodo facile prevedere, la scelta dell’arbitro (e relativi collaboratori) per l’incontro di sabato prossimo in quel di San Siro-G.Meazza, tra il Milan e la Juventus non poteva che ricadere su Rizzoli o su Tagliavento.
Arbitrerà Tagliavento .
Scusandomi con i lettori che ne fossero già a conoscenza, vorrei riportare quello che avevo scritto nell’articolo di dissenso circa la “turnazione” che applicherebbe Braschi (con l’appoggio esplicito di Abete), nelle designazioni arbitrali per il campionato di calcio di Serie A (articolo pubblicato lo scorso Martedi, 21 febbraio alle ore 14,56 (a scanso di equivoci: non sono Luciano Moggi né, ovviamente, Giacinto Facchetti; ma un molto, molto modesto appassionato di cose calcistiche):


Coraggio Abete e Braschi-Nicchi: lo vogliamo proporre? Facciamo una bella turnazione computerizzata e voi ve ne tornate a casa, a cucinare manicaretti. O sentite già le vostre tasche alleggerirsi, e magari all’incontro del prossimo Milan-Juventus, invece di mandare un Peruzzo (di turno) mandate un Rizzoli o un Tagliavento (non di turno)?”

Ed allora, cari Abete e Braschi, ora come la mettiamo? Non vorrete farci credere che per Milan-Juventus, nelle vostre “turnazioni” (peraltro top-secret, mai divulgate), ammesso che esistano, era previsto proprio Tagliavento e non, ad esempio, Peruzzo?
Ma davvero credete che gli italiani, in particolare gli sportivi appassionati di calcio, siano degli sprovveduti?
Allora, siamo a chiedervi un’altra prova di coraggio (poi basta, la pazienza ha un limite...): ammettete che, per le evidenti, inidonee, tragiche designazioni di cui si è lamentata recentemente la Juventus, non avete trovato di meglio che cadere dalla padella alla brace, dimenticando che non esiste migliore gratificazione, che l’ammettere i propri errori.
Buon Milan-Juventus a tutti

mercoledì 22 febbraio 2012

MILAN-JUVENTUS - Capitolo 2: Ibra o non Ibra: Emanuelson

Ed eccoci al secondo capitolo di Milan-Juventus del 25 corrente mese.
I due team, come da tradizione, hanno cominciato le loro schermaglie dialettiche; con l’intrusione, come al solito, indisponente, di una componente esterna: quell’Abete, Presidente della FIGC, che, dopo aver perso credibilità e prestigio (nella vicenda Calciopoli) ora perde anche la faccia, polemizzando indebitamente con la Juventus, in un momento in cui almeno gli organi sportivi ufficiali dovrebbero dimostrarsi “super partes”. Ma, come si suole dire: “la lingua batte dove il dente duole”.

In questo secondo capitolo vorremmo evidenziare un altro particolare aspetto di questo incontro Milan-Juventus.
Si fa tanto parlare di Ibra o non Ibra, pronosticando e/o augurandosi, o meno, la presenza in campo di Ibrahimovic, che, squalificato, come è noto, per tre giornate (incluso, l’incontro in discussione), potrebbe vedersi ridotta a due le giornate di squalifica, a seguito del ricorso del Milan e quindi essere della partita.
In realtà, allo stato attuale, noi non daremmo tanta importanza a questo "Ibra o non Ibra".
I lettori amanti ed intenditori del calcio, che avessero avuto l’occasione di vedere le ultime partite del Milan, si saranno resi conto che, attualmente, il vero “deus ex machina” del Milan è un certo Emanuelson.

Il quale, sempre modesto e poco propenso alla esposizione mediatica, è apparso, recentemente, il vero collante del gioco del Milan: sempre presente nel vivo della manovra, piedi e dribblig eccellenti, servizi “al bacio” per i compagni di attacco e, non ultima, grinta da vendere.
Quindi, ai nostri lettori, occhio ad Emanuelson: ne varrà la pena.

Buon Milan-Juventus a tutti

martedì 21 febbraio 2012

ABETE: contare fino a 10 o meglio tacere


Abbiamo già più volte espresso, in precedenti articoli, il parere di non condividere l’assunto del designatore arbitrale Braschi: “tutte le squadre meritano lo stesso rispetto”.
Ora, è di stamane la notizia che il famigerato Abete (Presidente della FIGC), che, ormai lo hanno capito tutti, quando parla sbaglia, ha rilasciato la seguente dichiarazione, riferendosi alle esternazioni dell’allenatore della Juventus, Conte, in merito al ricorrente caso di diniego di rigori, visti e riconosciuti dalla generalità degli addetti ai lavori, ma non concessi dagli arbitri:

"Le parole di Conte sono state abbastanza forti anche se lui stesso ha evidenziato che fa parte del calcio rappresentare situazioni meritevoli di attenzione. L'impostazione di Nicchi e Braschi prevede la rotazione degli arbitri per far sì che non dirigano uno stesso club per più di un tot di partite, perchè non è pensabile che alcuni club abbiano solo arbitri internazionali. Gli arbitri ruotano e si può avere la concezione di essere diretti da un arbitro più o meno esperto, tenendo così i venti club nella stessa situazione”


Sostanzialmente, Abete afferma di condividere l’operato di Braschi: e cioè tutte le squadre, e, di conseguenza, tutte le partite del campionato di calcio, sono meritevoli della stessa attenzione, e, perciò, si opera ”la rotazione degli arbitri”.
Ci scusiamo con i lettori che avessero già conosciuto il nostro pensiero, ma riteniamo di doverlo ribadire e, con l’occasione, approfondirlo.

“La legge è uguale per tutti”
Riteniamo (e non pensiamo di essere i soli) che questa frase provochi più danni di quanti ne dovrebbe salvaguardare.
Intendiamo dire che questa frase è ingannevole, perché non completa. E’ solo una “mezza frase” che , come tale, è falsa e fuorviante.
Il concetto completo, sarebbe: “la legge è uguale per tutti coloro che sono nella medesima situazione”.
Ci rendiamo conto che la frase completa è troppo lunga; e le necessità di “essere brevi” la fa ridurre in un’altra frase con contenuto, appunto, falso ed ingannevole.
Per rendere meglio il pensiero, trattasi di una situazione analoga a quando, per brevità, diciamo frasi come “oggi scioperano gli autobus”, il che è chiaramente inesatto ed ingannevole, perché in realtà occorrerebbe dire, correttamente: “oggi scioperano i conducenti degli autobus”. Ma la necessità di essere brevi crea l’evidente inesattezza.

“Le designazioni arbitrali sono uguali per tutti”
Nel caso delle idee espresse da Braschi e sottoscritte, per evidente adesione, da Abete, si sta verificando qualcosa di analogo.
Riteniamo, infatti, che sia un errore grossolano (che potremmo giustificare per il designatore arbitrale Braschi, uomo di campo - ex arbitro, ma mai e poi mai per un dirigente sportivo, avente funzione politica come Presidente della FIGC), ipotizzare che tutte le squadre/partite “meritano lo stesso rispetto” e che, quindi, “è opportuno operare una rotazione degli arbitri”:

  1. perché, ai fini delle designazioni arbitrali, non esistono parità di condizioni tra tutte le partite in tutte le giornate del campionato; a puro titolo esemplificativo, la partita Milan-Juventus di sabato prossimo 25 febbraio, che potrebbe decidere le sorti dello scudetto, non appare situata “nelle pari condizioni” con una partita, ad esempio, tra Cagliari e Fiorentina, squadre di metà classifica, ipoteticamente fuori da qualche particolare obiettivo (Scudetto, coppe, salvezza). Questo, solo un idiota (persona stupida ed insensata, Il Nuovo Zingarelli) potrebbe consideralo “mancanza di rispetto” per il Cagliari e/o per la Fiorentina.
  2. se lo staff di Braschi e Nicchi e tutti i relativi collaboratori (da noi profumatamente pagati...) si limitano a proporre una “rotazione” degli arbitri rispetto alle varie squadre/partite (tutte meritevoli della stessa considerazione), perché (niente di più facile!) non si lascia il tutto ad un calendario computerizzato degli accoppiamenti partite/ arbitri, e Braschi-Nicchi e relativi collaboratori non se ne vanno a casa a fare qualcosa di più utile per se stessi e per la comunità?

Coraggio Abete e Braschi-Nicchi: lo vogliamo proporre? Facciamo una bella turnazione computerizzata e voi ve ne tornate a casa, a cucinare manicaretti.
O sentite già le vostre tasche alleggerirsi, e magari all’incontro del prossimo Milan-Juventus, invece di mandare un Peruzzi (di turno) mandate un Rizzoli o un Tagliavento (non di turno)?.
Abete: come dirigente politico, ma lei, prima di esternare, si ferma i classici 10 secondi a pensare quello che è lecito ed opportuno dire?
Sembra di no.

lunedì 20 febbraio 2012

MILAN - JUVENTUS, Capitolo 1: Braschi & Co.

E’ iniziata, per il massimo campionato di calcio italiano, “la settimana di passione”, con qualche settimana di anticipo rispetto a quella religiosa che precede la Pasqua: sabato 25 febbraio, serata, in quel di S.Siro –G. Meazza, si giocherà la partita-scudetto tra Milan e Juventus.
Sperando di riuscirci, vorremmo allietare l’attesa dei lettori, tifosi e non tifosi delle due contendenti, con qualche considerazione di assoluto rilievo, cominciando col capitolo 1 e con un argomento che costituisce, da sempre, croce e delizia degli amanti del calcio: arbitri ed arbitraggi (cioè, appunto, Braschi & co).
Come gli sportivi più informati sapranno, recentemente, il designatore degli arbitri, il Sig. Braschi, ha affermato che tutte le squadre (e, quindi, tutte le partite) “meritano uguale rispetto” (dal punto di vista delle designazioni arbitrali, ovviamente).
Bene; questo incontro, Milan - Juventus, in cui le due contendenti si giocano gran parte delle loro chances di scudetto, è il vero banco di prova anche per Braschi: designerà un arbitro (e collaboratori) qualsiasi, come si trattasse di una partita qualsiasi “meritevole di pari rispetto come tutte le altre squadre/partite” o designerà un “pezzo da novanta”?
Chi ha avuto modo di leggere un nostro precedente articolo sull’argomento  sa come la pensiamo: cioè in modo opposto a quello di Braschi.
Dice Braschi: Il rispetto è uguale per tutti (per tutte le squadre/partite).
Diciamo noi: il concetto di Braschi è solo la prima metà (falsa) di un concetto completo (vero): il rispetto è uguale per tutti a parità di condizioni.
E questo nostro concetto, completo, vale non solo nello sport (quindi, anche nel calcio), ma in tutti campi della vita reale.
Braschi & co. sono, appunto, dove sono, proprio per valutare e decidere in merito a queste condizioni: le quali sono tali e tante che non appare corretto lasciarle ad una elaborazione computerizzata (e, inoltre, proprio perché tante e diverse, si prestano a critiche talora anche feroci, secondo i punti di vista). Ma è ineluttabile. E’ il male minore.
Se così non fosse, le designazioni arbitrali potrebbero benissimo essere lasciate ad un “calendario computerizzato” e lo staff di Braschi tornarsene a casa (risparmiando fior di quattrini nostri...).
Ed ecco, quindi, il momento della verità, non solo per il Milan e per la Juventus: ma, direi, soprattutto per Braschi: confermerà il proprio pensiero designando una terna “qualsiasi”?
Intanto, alleghiamo una foto apparsa (“di già”, come direbbe Johnny Stecchino!) nello Juventus Stadium, per rallegrare gli spiriti, proprio sull’argomento “arbitri”.

Buon Milan-Juventus a tutti.

lunedì 13 febbraio 2012

VALENTINO ROSSI: non vede il rosso e neppure la rossa

Alcune premesse
Che Valentino Rossi, da quando è arrivato alla “Rossa” abbia completamente deluso, dovrebbe essere generalmente noto.
Che lo stesso Valentino sia il più pagato  tra gli sportivi professionisti italiani, di qualsiasi disciplina, calcio e automobilismo inclusi forse è meno noto, ma è così.
Che Valentino Rossi sia un supporter dell’Inter dovrebbe essere pure noto alla generalità degli sportivi.

Il Fatto
Dopo la sconfitta dell’Inter, in casa, contro l’ultima in classifica, il Novara, il Rossi si è sbizzarrito in alcune delle sue ormai proverbiali, scellerate considerazioni (ma, secondo lui, geniali, tanto da valergli una laurea, sebbene “honoris causa”).
Riportiamo, allora, queste considerazioni, espresse da Valentino, commentandole brevemente (desumendole dai media e citando, per brevità una sola fonte, per tutte:

Nel corso della partita, ha detto: “stiamo giocando contro il Real Madrid” (alludendo alla casacca bianca del Novara).

A fine partita, ha detto: "Non vorrei essere il portacenere di Moratti stasera"; "Il cambio Eto'o-Forlan è paragonabile a quello Roberto Carlos-Pistone"; "ma perché abbiamo venduto Thiago Motta?"; "alla fine anche sfigati, c...". (Nel momento del palo colto da Sneijder)

Il Rosso e la Rossa
Riteniamo vergognose le citate esternazioni del Rossi che, in uno dei momenti più bui della storia calcistica della propria squadra, esprime le solite baggianate, dall’alto della sua laurea (seppure “honoris causa”) e dall’alto dei suoi spropositati guadagni.
E non vede il tragico “rosso” che si è creato nel patrimonio (del presidente Moratti), sia finanziario sia umano, cioè nel parco giocatori che compongono la squadra. Perché questo è il vero problema dell’Inter: chiusa, come è, tra i due fuochi del fair play finanziario (che non consente di acquistare nuovi e costosi campioni) e dalla età non più idonea all’attività calcistica della gran parte degli attuali campioni, che quindi non hanno più mercato e non consentono, perciò, di fare cassa, necessaria per il rinnovo ed il ringiovanimento della squadra. Ma Valentino questo “rosso” non lo vede; e non perché è tifoso, ed il tifo, come è noto, acceca; ma perché, in realtà, a lui, della “ propria Inter”, non importa nulla.
Come pure, con altrettanto tragica realtà, non gli importa nulla della “rossa” (la Ducati), alla quale si è presentato vecchio (sportivamente, ovviamente), rotto, nel corpo (è di ieri la notizia di un nuovo intervento par rimuovergli un ferro) e nello spirito (cioè appagato moralmente e finanziariamente). E non si rende conto del danno che sta creando alla gloriosa “rossa” Ducati: danni di immagine, per i mancati risultati sportivi; e finanziari, in ragione di una retribuzione che, da sola, sta portando la Ducati fuori dalla competizione sportiva per mancanza di mezzi finanziari.
Ovviamente, lui, Valentino, si dichiarerà “sorpreso”, quando apprenderà che la rossa Ducati sta scivolando verso una gestione, sportiva (mancanza di risultati) e finanziaria (mancanza di denaro) fallimentare.
Davanti al rosso patrimoniale e finanziario dell’inter e della rossa Ducati, Valentino prenda coscienza: non è più lecito fare il giovincello, esternando insulse bravate.
Quanto meno, si comporti da signore: restituisca il mal tolto alla rossa, messa, da lui, sul lastrico, sportivo e finanziario.

sabato 11 febbraio 2012

JU29RO: we can change!

Ci rendiamo conto che il titolo di questo articolo potrebbe apparire alquanto ostico e misterioso, alla generalità dei lettori interessati al mondo del calcio.
Pensiamo, inoltre, che potrebbe trovare qualche immediata comprensione da parte dei tifosi juventini ed interisti.
Quindi, diamo, da subito, spiegazione del titolo in questione; poi ne illustreremo la problematica:

- “ju29ro” è un acronimo che sta letteralmente a significare “Juventinovero”. E, come appare evidente, mette in risalto il numero 29 che si riferisce, ovviamente, al numero degli scudetti che la Juventus ha vinto “sul campo”. In realtà, come ormai dovrebbero conoscere tutti gli appassionati di calcio, la Federazione Italiana Giuoco Calcio (in appresso: FIGC), ne riconosce solo 27, avendone, per le note vicende di Calciopoli, revocato uno (quello 2004/2005) ed assegnato all’Inter un altro (quello 2005/2006);
- tale acronimo è anche l’effettivo nome di un Club juventino, molto conosciuto (almeno tra i tifosi della Juventus) che pubblica il suo notiziario quotidiano sul relativo blog: www.ju29ro.com
- “We can change”, tradotto, significa “possiamo cambiare” ma è traducibile anche in “dobbiamo cambiare” oppure, che sarebbe, in questo caso, la traduzione più confacente: “è ora di cambiare”. Come alcuni ricorderanno,”we can change”, costituì, circa quattro anni or sono, il grido di battaglia (vincente) nella campagna elettorale che portò Obama alla Presidenza degli Stati Uniti d’America.

E veniamo a noi.
Cosa intendiamo proporre ai lettori, con questo articolo?
Nei giorni che stiamo vivendo, nei momenti in cui scriviamo, gira, nell’aria gelida, innevata e spazzata dal terribile vento di Blizzard, un’idea “che tutti pensano ma che nessuno dice”.
Ebbene,questa idea noi vogliamo dirla; vogliamo cominciare a parlarne: “Cosa accadrà, se la Juventus dovesse vincere lo scudetto della stagione in corso?".

Specifichiamo meglio il problema, con una domanda ai diretti interessati: “Carissimi Petrucci (CONI e relativi organi giudiziari), Abete (FIGC e relativi organi giudiziari) e Moratti (Presidente dell’ Inter), che continuate ancora a far finta di non vedere, di non sentire e, di conseguenza, di non parlarne (appunto come le tre scimmiette), nel malaugurato (per voi) caso che ciò dovesse verificarsi, quale numero di scudetto (e quante stelle...) dovrebbe considerarsi raggiunto, da parte della Juventus?”
Ormai, si parla chiaramente, con qualsiasi sistema mediatico, (non stiamo a citarli, tanto è diffuso il pensiero) che la Juventus appare la più realistica contendente del Milan nella corsa allo scudetto. Addirittura in questi giorni, dopo la chiara vittoria della Juventus sullo stesso Milan, al Meazza, in un incontro valido per la Coppa Italia, si parla ormai chiaramente di “Juventus favorita nella corsa allo scudetto”.
Tutto ciò, per ricordare ai signori Petrucci, Abete e Moratti, che non stiamo parlando di ipotesi irrealistiche; e che, semmai, irrealistico appare il sistematico rinviare, meglio, il rifiutarsi di affrontare, e risolvere, possibilmente prima della fine del campionato in corso, il problema degli scudetti da riconoscere alla Juventus: 27 (riconosciuti) o 29 (vinti sul campo)?
Allora, vogliamo seriamente e, soprattutto, responsabilmente, affrontare il problema?
E, a scanso di equivoci, chiariamo che non stiamo, qui, suggerendo o parteggiando per nessuna soluzione (perché, alla fine, la giustizia, quella “vera”, sistemerà le cose e chi avrà sbagliato pagherà): stiamo semplicemente ricordando che esiste il problema e che, prima che sia troppo tardi, sarebbe opportuno, quanto meno, discuterne.

VINCI-BARTOLI: uno spettacolo!

Abbiamo assistito in tv, nella serata di ieri 10.2.2012, all’incontro di tennis valido per i quarti di finale del torneo WTA – Gaz de France, giocatosi a Parigi-Bercy, tra la francese Marion Bartoli (7^ nella graduatoria WTA) e la nostra Roberta Vinci (23^).
L’incontro, durato circa due ore e mezza, e terminato con la vittoria della francese, ha avuto momenti di intenso pathos.
Ma, prima di esprimervi le nostre sensazioni, vi proponiamo una breve cronaca dello svolgimento della gara:

La nostra Vinci si aggiudica con una certa disinvoltura il primo set per 6-4.
Nel secondo set, in vantaggio 4-1 e col servizio a favore, si smarrisce e perde il set 4-6.
Nel terzo e decisivo set, dopo il break piazzato al primo game, la nostra rappresentante si porta sul 5-2 e serve, per la seconda volta, per il match ma, ancora una volta, si lascia sfuggire l’occasione: 5-3. Quindi, la Bartoli si aggiudica il servizio e si va sul 5-4 con la Vinci a servire di nuovo, per la terza volta, per la vittoria. Niente da fare: inizia un vero e proprio blackout per la nostra Vinci, che la porta sotto sul 5-6 ma che, in qualche modo, grazie anche a diversi errori della Bartoli, riesce a recuperare fino al 6-6.
Al tiebreak finale non c’è storia: 7-2 per la Bartoli; punteggio finale 6-7 e vittoria della Bartoli per 2-1 che, quindi, va alle semifinali.

L’incontro, come accennato, è stato entusiasmante, con punte di drammaticità.
Già nel secondo set la nostra Vinci poteva chiudere il match a proprio favore ma purtroppo perdeva l’occasione.
Altrettanto accadeva nel terzo set, addirittura due volte: sul 5-2 e sul 5-4.
Perché?
Dopo un iniziale, ovvio dispiacere per l’inopinata sconfitta della nostra rappresentante, e lasciata sublimare l’emozione per lo spettacolo cui avevamo assistito, abbiamo realizzato le seguenti considerazioni:
  • la nostra Vinci ha giocato un tennis eccellente, esibendo dei colpi tecnicamente apprezzabili, soprattutto un rovescio pulito e preciso; esteticamente, nel complesso (cioè per la tecnica e per il comportamento, sempre composto e signorile, anche nei due errori arbitrali...); alquanto meglio a vedersi  rispetto alla Bartoli;
  • quest’ultima, a sua volta, ha esibito una devastante potenza ed esplosività nei colpi, sia in dritto che in rovescio, portato a due mani, e sia al servizio. Esteticamente, in alcuni momenti si esibisce in modo alquanto scomposto (il balletto, che esibisce al servizio, è davvero curioso: sembra quasi un tic nervoso come quello di Nadal che, immancabilmente, al servizio, si tocca il “lato B”) ma non solo negli atteggiamenti puramente tecnici, ma anche e soprattutto, in quelli comportamentali, in cui si lascia andare a manifestazioni di esaltazione non proprio decorose e durante le quali fra l’altro esibisce, con una indecente continuità, le proprie mutandine che, a quanto pare, si ritraevano in su, con successiva manipolazione per riportarle in giù;
  • va rilevato, poi, che un contributo (negativo per la Vinci e tutto a favore della Bartoli), alquanto decisivo, è emerso nel corso del match:
- da parte dell’arbitro, che ha chiamato fuori, in momenti entrambi decisivi, due palle probabilmente “buone”. Diciamo “probabilmente”, perché la regia televisiva, in entrambe le occasioni, ha omesso il replay, lasciando molto a desiderare, almeno negli spettatori televisivi;
- da parte del pubblico francese, che, seppur comprensibilmente, ha dato una notevole “spinta” alla Bartoli nei momenti cruciali dell’incontro, portandola alla esaltazione sfociata, nel terzo set e nel tiebreak, in vera e propria trance agonistica;
- mentre, al contrario, va dato atto alla nostra Vinci della “solitudine” in cui ha giocato; in un ambiente completamente avverso, se non ostile.

Quest’ultima notazione, ovviamente, non va interpretata come una scusante, ma è un incitamento, per la nostra atleta, a migliorare sotto l’aspetto della determinazione e della concentrazione, che, in questo sport, assumono rilevanza a volte decisiva, come, appunto, verificatosi nell’incontro qui analizzato.

martedì 7 febbraio 2012

STEFANO BRASCHI: dal truismo al confusionismo


Abbiamo già avuto modo, più volte, di porre all’attenzione dei lettori su come, nei vari settori della vita italiana, abbiano preso sopravvento indirizzi comunicativi oscurantisti: nei linguaggi, stanno prevalendo espressioni incomprensibili e addirittura fuorvianti: ci riferiamo al dilagante politichese, burocratese, sindacalese ed, ora, anche giuridichese.

Questi linguaggi, generalmente utilizzati da persone prive di vitalità, amorfe, oscurantiste, irresponsabili (nel senso che si chiamano fuori dall’impegno di una chiara e civile comunicazione), stanno inflazionando anche la comunicazione sportiva.

Chi scrive ha abbondantemente evidenziato, in precedenti articoli, come, nello sport italiano, un posto di privilegio assoluto, nella comunicazione oscurantista, fine a se stessa, irrispettosa dei destinatari, spetti proprio al massimo esponente sportivo, il Presidente del CONI, Gianni Petrucci, nonché all’altrettanto conclamato Presidente della FIGC, Giancarlo Abete.

Devo ora porre all’attenzione dei lettori un altro personaggio che, in questi giorni, si è espresso in maniera contraddittoria, irreale e, in definitiva, irresponsabile.

Ci riferiamo al designatore degli arbitri per le partite del massimo campionato di calcio italiano, l’ex arbitro Stefano Braschi, chiamato in causa dall’A.D. della Juventus, Giuseppe Marotta, per la sciagurata designazione dell’arbitro Peruzzo per l’incontro Juventus-Siena - arbitraggio giudicato negativamente dalla generalità degli addetti ai lavori e, almeno per salvare la faccia, dallo stesso Braschi.

http://www.gazzetta.it/Calcio/Squadre/Juventus/05-02-2012/marotta-contro-arbitro-rigore-sacrosanto-81251547864.shtml

Dice Marotta:

"Peruzzo non ha visto l’episodio. È una decisione importante. Mi auguro che in futuro vengano designati arbitri all’altezza della situazione. La Juve merita rispetto. Il rigore era sacrosanto, legittimo, trasparente, se ne sono accorti tutti. Come episodio ha la stessa dinamica di quello capitato in Fiorentina-Udinese. L’arbitraggio di Peruzzo è stato insufficiente, tradizionalmente le squadre di testa sono affidate ad arbitri internazionali, invece hanno mandato un arbitro giovane"

Risponde Braschi:

“Cosa vuol dire che la Juve merita rispetto, gli altri non lo meritano? È vero, il rigore poteva anche starci ma noi stiamo facendo girare gli arbitri, gli internazionali e i meno esperti, per tutte le squadre proprio perché credo sia corretto avere rispetto per tutti. Il fatto che la Juve, che è prima in classifica con merito, abbia avuto un solo rigore a volte è anche fisiologico. Io non conoscevo questo dato, ma ricordo un Milan campione d’Italia senza rigori a favore. Mi chiedo: l’ultima non merita lo stesso rispetto? Oggi c’erano partite dove alcune squadre si giocavano il campionato, non si gioca solo per lo scudetto, ma anche per la Champions, per l’Europa League e per la lotta retrocessione. L’arbitro va scelto in funzione della condizione, della partita e di tante altre cose, ma il concetto base è che tutti meritano lo stesso rispetto, Juventus compresa”

Dunque, Braschi inizia la propria comunicazione partendo da evidenze indiscutili, lapalissiane, in definitiva, da truismi (verità vere), come le affermazioni seguenti:
- credo (sic!) sia corretto avere rispetto per tutti (qualcuno ha detto il contrario? Nomi e cognomi,  ci dica nomi e cognomi, prego);
- tutte le squadre meritano rispetto (qualcuno lo ha negato? Ce lo dica, con nomi e cognomi);
- non si gioca solo per lo scudetto ma anche per altri obiettivi, come le coppe europee e la permanenza nella massima serie (qualcuno lo ha negato? Fuori i nomi e i cognomi).

Poi conclude (con riferimento, ovviamente, alle sue designazioni arbitrali):

- il concetto base è che tutti meritano lo stesso rispetto;
- l’ultima in classifica merita lo stesso rispetto.

Dunque da truismi incontestabili a manifestazione di confusione mentale:

- perché non è corretto dire che nelle designazioni arbitrali qualsiasi incontro di calcio merita lo stesso rispetto, cioè lo stesso valore;
- perché la storia delle designazioni dice il contrario: ogni partita ha un suo valore; in base a questo valore si abbinano i valori arbitrali; questo è il difficile compito del designatore arbitrale: valore della partita da abbinare al valore dell’arbitro (o viceversa);
- perché, se così non fosse, ci dica Braschi: ma lui e il suo team cosa ci stanno a fare? Quale attività (ben remunerata) necessaria o indispensabile svolgono? Non può essere lasciato il tutto (cioè le designazioni arbitrali) ad un elenco computerizzato (con costo minimo e solo una tantum)?

In conclusione:

Siamo di fronte ad un’altra esternazione confusa, proveniente da una mente in confusione.
Ancora una volta, infatti, si confonde la frase troncata: “tutti uguali davanti alla legge”, avente valore di principio, cioè un vero truismo, con la frase intera, compiuta, avente valore reale: “tutti uguali davanti alla legge, a parità di condizioni”.

Parità di condizioni che coinvolge variabili in quantità e qualità talmente innumerevoli e diversificate, da richiedere necessariamente la valutazione umana, giammai una elencazione computerizzata.

È questa la funzione affidata al Braschi.

Questo lo hanno capito gli scolari delle elementari; ma non lo ha capito Braschi.

A casa. Ad accudire figli e/o nipotini.

lunedì 6 febbraio 2012

Burocratese, politichese; ed ora anche giuridichese?


Apprendiamo che il Tribunale penale di Napoli ha depositato (rendendole, quindi, pubbliche) presso la Cancelleria, le motivazioni della sentenza adottata nel dicembre scorso, per il processo “Calciopoli”.

Le redazioni giornalistiche (ed, ovviamente, gli studi legali degli interessati) sono impegnate, in questo momento, nella lettura di tali motivazioni (trattasi di circa 500 pagine); ma, nel frattempo, sono stati pubblicati, dalle edizioni informatiche dei vari quotidiani, alcuni “passaggi” ritenuti più importanti ai fini della comprensione della sentenza, che lasciò, ricordiamo, spazio ad ampie discussioni e divergenze interpretative.

Fra i vari “passaggi” motivazionali ne riportiamo uno alquanto rappresentativo del tutto, commentandolo.

In ordine alla alterazione dei risultati sportivi dell’annata calcistica 2004/2005, per la quale la sentenza sportiva e la stessa sentenza penale ora motivata, hanno disposto pesanti condanne e comportato danni economici rilevanti per i soggetti incriminati (in primis, Moggi e la Juventus), si legge:

“Non ve n'è prova; trattasi invero di un reato di pericolo, in quanto il processo non ha in verità dato conferma del procurato effetto di alterazione del risultato finale del campionato di calcio 2004-2005 a beneficio di questo o quel contendente, ma appaiono sufficienti le parole pronunciate nelle conversazioni intercettate, nel cumulo con il contatto telefonico ammantato di clandestinità rappresentato dall'uso di schede straniere, per integrare gli estremi del reato di frode sportiva che è un reato di tentativo”

In questa sede vorrei solo evidenziare come, già in un breve passaggio (seppure tra i più decisivi al fine della comprensione dei motivi della sentenza), esistono espressioni che, seppure inquadrate in un testo di tecnica giuridica, creano disagio di comprensione nel lettore di media cultura.

Non basta; facendo una ricerca sul Codice Penale, non abbiamo trovato alcunché circa i due reati (che potrebbero indicare la stessa cosa, se interpretiamo correttamente il passaggio sopra riportato):
- Reato di pericolo;
- Reato di tentativo.

Anche sfogliando l'enciclopedia elettronica Wikipedia abbiamo accertato che non esistono pagine o articoli aventi ad oggetto i due suddetti reati. Non esistono.
Abbiamo, invece, trovato all’articolo 56 del Codice Penale, il reato riguardante il “Delitto tentato” la cui lettura non dovrebbe creare difficoltà di comprensione allo stesso “lettore di media cultura”.

Allora cosa avranno voluto intendere i giudici con le citate espressioni?

1 - volevano effettivamente riferirsi al “Delitto tentato” di cui all’art. 56 C.P.? Ma, nell’affermativa, perché modificare il “nomen juris” e confondere, così, la comprensione delle cose?
2 - se non volevano riferirsi all’art. 56, a quale articolo del C.P. fanno riferimento? Possibile che nel Codice Penale non esistano articoli rubricati “reato di pericolo” e “reato di tentativo”? Se li sono inventati i giudici per l’occasione? Difficile a sostenersi.

Fatta salva, ovviamente, la nostra ignoranza giuridica e la nostra incapacità di operare approfondimenti attraverso gli strumenti cartacei e multimediali, dobbiamo malinconicamente concludere, anche sulla base di altre esperienze analoghe già vissute, che, dopo il politichese, il burocratese, il sindacalese, siamo ormai arrivati al giuridichese; e così continuando, di “ese” in “ese” ci ritroveremo tutti nella nuova Babilonia.

JUVE-SIENA: "Stadium" pericoloso?

Si è tanto parlato, nel bene o nel male, dello “Juventus Stadium”.
Ancora in attesa di uno sponsor che dia il proprio nome all’impianto, ed a seguito delle recenti polemiche circa la pericolosità dell’impianto stesso che non sarebbe stato costruito con adeguati criteri di sicurezza, la fantasia popolare avrebbe proposto, nel frattempo, di chiamarlo “Maalox Stadium”. E ciò, sia in riferimento alle polemiche sulle presunte imperfezioni costruttive, sia per il malessere che dovrebbe incutere ai giocatori delle squadre avversarie; tanto che si è dissertato perfino su quanti punti in più la Juventus raccoglierebbe, ogni anno, in virtù della logistica dell’impianto, con i tifosi che fanno sentire il loro fiato sulle facce dei giocatori avversari (ed anche su quelli juventini, spronandoli praticamente per novanta minuti).
Bene.
Nella giornata di campionato di calcio giocata ieri, 5 febbraio (tutte alle ore 15 della domenica), è accaduto, nel corso della partita Juventus-Siena, un fatto inspiegabile che, proprio perché tale, merita di essere approfondito.
A circa 20 minuti dalla fine dell’incontro, con la Juve alla ricerca del gol-vittoria, a seguito di un cross dalla sinistra, il calciatore del Siena Vergassola, in area di rigore, ferma il pallone con un braccio largo ed alto.

Da notare:
- che l’arbitro era di fronte, a pochi metri (4 o 5), con visuale totalmente libera;
- che il segnalinee, molto probabilmente, era impedito nella visuale in quanto lontano e con l’area di rigore affollatissima;
- che, appena accaduto il fatto, lo Juventus Stadium è letteralmente esploso, “chiedendo” il calcio di rigore; altrettanto, ovviamente, hanno fatto i giocatori juventini, in campo ed in panchina.
Allora, perché l’arbitro (il giovine Peruzzo) non ha fischiato?
In questi casi, si dice che non c’è scampo all’alternativa:
- l’arbitro ci vede poco;
- l’arbitro è in mala fede.
In entrambi i casi, l’arbitro dovrebbe cambiare mestiere.
Ebbene, noi non vorremo credere né all’una né all’altra ipotesi. E, naturalmente, avremmo da proporre una terza ipotesi.

Chi ha assistito all’incontro (dal vivo, ma anche in televisione) si sarà reso conto come, al momento dell’impatto braccio-pallone, nello Juventus Stadium è esploso un boato assordante con un messaggio rivolto all’arbitro: “è rigore e lo devi fischiare”. Altrettanto hanno chiesto con eclatante visibilità, i giocatori juventini, in campo e in panchina.
La situazione era alquanto assurda: un uomo solo, peraltro giovane, e, perciò stesso, alquanto inesperto, competente a prendere una decisione, in pochi attimi, in contrasto con una decisione “già presa” da una marea di persone, non competenti a prenderla.

Questo, a nostro parere, è il punto da focalizzare.
Va aggiunto, perciò, che, già nel corso dell’incontro erano emerse situazioni analoghe (non così gravi, ai fini del risultato della partita, ma altrettanto indicative e significative del contrasto emergente Stadium-Arbitro: molte fischiate/non fischiate dell’arbitro, erano state sonoramente contestate dallo “Juventus Stadium”.
Cosa vogliamo dire?
Che, escludendo la cecità dell’arbitro e la mala fede dello stesso, riteniamo che la terza ipotesi sia da ricercare nell’esasperazione dell’arbitro, accumulatasi nel corso della partita, fino alla catarsi finale, nel momento del rigore negato: “qui decido io e non tu, Juventus Stadium”.
Ecco, quindi, spiegato il titolo di questo articolo: attenzione, la pericolosità dello Juventus Stadium non è tanto quella concernente le ipotetiche imperfezioni edificative, ma la (altrettanto ipotetica) incidenza sul normale decorso delle partite, attraverso il condizionamento dei giocatori (avversari e casalinghi) ma, soprattutto, dell’arbitro e soprattutto se giovane e, quindi, ancora psicologicamente non in grado di assorbire e sublimare i condizionamenti ambientali (come, appunto, nel caso di ieri, quelli dello Juventus Stadium).
Se ciò dovesse sembrare condivisibile, si dovrebbe ormai cominciare una nuova discussione: quanti punti “perderà” la Juventus (e non, viceversa, quanti ne guadagnerà) “per colpa” del suo Stadium?