lunedì 26 marzo 2012

LA PREDICA DI PETRUCCI: Chi la fa l'aspetti


Nel momento in cui scriviamo, c’è una riunione in corso nella Lega Calcio per assumere alcune decisioni tra le quali “la sede della finale della Coppa Italia”, che si disputerà tra il Napoli e la Juventus.

Negli ultimi giorni, al riguardo, sono circolate alcune voci:
- la posizione del Napoli (espressa dal Presidente De Laurentiis): si potrebbe giocare a Milano; e sarebbe attraente anche giocarla a Pechino.
- la posizione della Juventus: nessuna posizione espressa rispetto a quanto previsto (cioè: si gioca a Roma).
Ma ecco, stamane, il Presidente del CONI, che, dal suo ormai traballante pulpito, afferma:

"Non si capisce perchè bisogna discutere su tutto, anche su dove debba disputarsi la finale di Coppa Italia. Mi auguro che ci sia un passo indietro da parte di chi ha cervello, tutte leghe rispettano le regole, mentre alcuni presidenti della Lega di serie A non lo fanno. Vogliamo restare con i piedi per terra; tutto lo sport vuole e rispetta le regole, mentre una piccola parte, singole unità, ritengono che con i soldi si possa ottenere tutto. Finché noi saremo ai vertici, e ci saranno queste leggi, tutti dovranno rispettarle. Non saranno certo i tribunali a farci abbassare la testa, perchè quando si è dirigenti sportivi bisogna andare oltre le regole, perchè serve avere una coscienza morale ed etica superiore alla media. Dobbiamo essere integri, non possiamo aver subito condanne. Questo lo accettano tutti, tranne una piccola parte. Qualcuno in lega, oggi, dirà che non gli frega niente delle mie parole, ma noi andremo avanti come un carro armato".

I lettori che hanno avuto la pazienza di leggerci ricorderanno che in diversi articoli abbiamo posto in evidenza come l’attuale dirigenza sportiva, soprattutto il Presidente del CONI (appunto, Petrucci) ed il collega della FIGC (Abete), si distinguano, nel panorama politico italiano (nella specie: politica sportiva), assieme alle rispettive strutture, per la loro ignavia operativa (in attesa delle prescrizioni, che tutto cancellano...) ma, soprattutto, per il caratteristico linguaggio vuoto, inutile, caratteristico di persone che hanno abdicato dalle loro responsabilità e che, quindi, dicono e non dicono, ruotano attorno ai margini, per potersi lasciare la possibilità dell’ultima parola (famosa): “io l’avevo detto”.

Quella che sopra riportiamo è una ulteriore riprova di linguaggio caratteristico di chi, avendo perso il potere (ormai, ognuno fa quello che vuole!) e la considerazione altrui (si parla di tutto e di tutti, ma non si pensa neppure che esiste un organo, CONI e/o FIGC, al quale spetta decidere in merito), cerca di “richiamare all’ordine” i propri sudditi.

Che non esistono più.

Perché Petrucci (ed il collega Abete) sono stati i primi, con l’affaire “Calciopoli”, ad affermare: le regole esistono per gli altri. Noi, siamo “legibus solutus“: quindi, facciamo quello che vogliamo. I lettori attenti noteranno come ciò risulti evidente anche in questa ultima sciagurata predica; infatti, prima dice: “tutti devono rispettare le regole” e, subito dopo: “quando si è dirigenti sportivi bisogna andare oltre le regole”, come dire, appunto, le regole sono per voi, ma noi dirigenti sportivi (per usare un suo termine inelegantemente utilizzato dallo stesso Petrucci, per l’occasione) “ce ne freghiamo”.

In conclusione: chi la fa (a non rispettare le leggi) l’aspetti.

E’ ora di andare a casa.

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