mercoledì 14 marzo 2012

Applausi a un ciclo

Sono quelli che ha riservato il pubblico di San Siro ieri sera a una squadra che ha scritto pagine memorabili nella storia dell’Inter e più in generale del calcio italiano.
Struggente l’atteggiamento dei tifosi nerazzurri a fine gara che, riconoscendo lo sforzo e l’incapacità a fare di più dei propri beniamini, si lasciano andare a un omaggio a un gruppo di giocatori che in pochi anni ha regalato loro gioie immense, quasi dimenticate.
La squadra che è stata costruita sull’onda di Calciopoli non è più competitiva: né in Italia, né tantomeno a livello europeo. La squadra che vinse la Serie A con 22 punti di vantaggio sulla seconda nel 2006/07 stabilendo il record di punti fatti (97) non esiste semplicemente più. E il fatto che sia stata eliminata dalla Champions League da una squadra chiaramente inferiore non fa altro che mettere in risalto come l’attuale Inter non riesca più a imporsi sul rettangolo di gioco: tutto riesce faticoso a questa Inter, e l’idea di fragilità che ne deriva è troppo grande per poter conviverci ad alto livello.

È anche un semplice fatto anagrafico. Le carte di identità recitano:
-          Lucio 34 a maggio
-          Samuel 33
-          Maicon 31
-          Cordoba 35
-          Chivu 31
-          Zanetti 38
-          Cambiasso 31
-          Stankovic 33
-          Milito 32

Uno zoccolo duro così anziano si può mantenere solo se affiancato da giovane linfa di altissima qualità: e i vari tentativi fatti con Nagatomo, Ranocchia, Poli, Alvarez, Coutinho, Pazzini e Zarate non sono stati sufficienti.

Volendo si può far risalire l’inizio della fine anche a l’estate scorsa quando Eto’o (uno dei crocevia per l’ascesa dell’Inter al Triplete) decise di lasciare il club nerazzurro per andare in Russia a riempirsi di petroldollari. O volendo anche prima, con l’apice interista, raggiunto con la vittoria della Champions League sul Bayern, dal momento che dopo è stato un susseguirsi di incertezze (vedi il numero di allenatori), scelte sbagliate e delusioni.

Però in pratica, il gol di Brandao al 92’ di Inter-Olympique Marsiglia fa da spartiacque per la storia del club milanese, come chiaramente si evince anche dalle dichiarazioni di Massimo Moratti:

“Un'idea saggia potrebbe essere partire pensando al futuro non in termini immediati, costruendo con una squadra essenzialmente giovane. Il problema è che se dopo tre partite non va tutto bene cominci a pentirti..."

E quindi? Siamo alle solite: una delle big three della Serie A trova difficoltà a permettersi di programmare a lunga scadenza, i tifosi semplicemente non ne vogliono sapere. Però sembrerebbe proprio la strada da seguire per l’Inter, dal momento che le principali concorrenti si trovano in posizione migliore: il Milan è nel bel mezzo di raggiungere un apice (prima che alcuni giocatori chiave, Ibra su tutti, diminuiscano eccessivamente il proprio rendimento per colpe anagrafiche), la Juve ha appena iniziato un ciclo con il quale ha già posto solidissime basi per la prossima stagione (e oltre), la Roma ha iniziato un progetto di più ampio respiro simile a quello che dovrebbe intraprendere l’Inter per alcuni.

Il nodo è Sneijder: nelle ultime due stagioni (beh, soprattutto questa in corso), la cosa di cui si è sentita di più la mancanza è un punto di riferimento nella costruzione del gioco, nel trovare varchi nelle difese avversarie, nella creatività per andare in rete. Da un punto di vista calcistico occorre quindi fare una decisione molto chiara. O si mette l’olandese al centro della nuova squadra (Sneijder è classe 84), con tutti i rischi che ne possono convenire (l’abitudine all’infermeria del trequartista), o lo si cede per capitalizzare e rifondare il modulo di gioco, acquisendo giocatori promettenti e selezionando quali senatori trattenere.

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