Sono
quelli che ha riservato il pubblico di San Siro ieri sera a una squadra che ha
scritto pagine memorabili nella storia dell’Inter e più in generale del calcio
italiano.
Struggente
l’atteggiamento dei tifosi nerazzurri a fine gara che, riconoscendo lo sforzo e
l’incapacità a fare di più dei propri beniamini, si lasciano andare a un
omaggio a un gruppo di giocatori che in pochi anni ha regalato loro gioie
immense, quasi dimenticate.
La
squadra che è stata costruita sull’onda di Calciopoli non è più competitiva: né
in Italia, né tantomeno a livello europeo. La squadra che vinse la Serie A con
22 punti di vantaggio sulla seconda nel 2006/07 stabilendo il record di punti
fatti (97) non esiste semplicemente più. E il fatto che sia stata eliminata
dalla Champions League da una squadra chiaramente inferiore non fa altro che
mettere in risalto come l’attuale Inter non riesca più a imporsi sul rettangolo
di gioco: tutto riesce faticoso a questa Inter, e l’idea di fragilità che ne
deriva è troppo grande per poter conviverci ad alto livello.
È anche
un semplice fatto anagrafico. Le carte di identità recitano:
-
Lucio
34 a maggio
-
Samuel
33
-
Maicon
31
-
Cordoba
35
-
Chivu
31
-
Zanetti
38
-
Cambiasso
31
-
Stankovic
33
-
Milito
32
Uno zoccolo duro così anziano si può mantenere solo se affiancato da giovane linfa di altissima qualità: e i vari tentativi fatti con Nagatomo, Ranocchia, Poli, Alvarez, Coutinho, Pazzini e Zarate non sono stati sufficienti.
Volendo
si può far risalire l’inizio della fine anche a l’estate scorsa quando Eto’o (uno
dei crocevia per l’ascesa dell’Inter al Triplete) decise di lasciare il club
nerazzurro per andare in Russia a riempirsi di petroldollari. O volendo anche
prima, con l’apice interista, raggiunto con la vittoria della Champions League
sul Bayern, dal momento che dopo è stato un susseguirsi di incertezze (vedi il
numero di allenatori), scelte sbagliate e delusioni.
Però
in pratica, il gol di Brandao al 92’ di Inter-Olympique Marsiglia fa da
spartiacque per la storia del club milanese, come chiaramente si evince anche
dalle dichiarazioni di Massimo Moratti:
“Un'idea saggia potrebbe
essere partire pensando al futuro non in termini immediati, costruendo con una
squadra essenzialmente giovane. Il problema è che se dopo tre partite non va tutto
bene cominci a pentirti..."
E
quindi? Siamo alle solite: una delle big
three della Serie A trova difficoltà a permettersi di programmare a lunga
scadenza, i tifosi semplicemente non ne vogliono sapere. Però sembrerebbe
proprio la strada da seguire per l’Inter, dal momento che le principali
concorrenti si trovano in posizione migliore: il Milan è nel bel mezzo di
raggiungere un apice (prima che alcuni giocatori chiave, Ibra su tutti,
diminuiscano eccessivamente il proprio rendimento per colpe anagrafiche), la
Juve ha appena iniziato un ciclo con il quale ha già posto solidissime basi per
la prossima stagione (e oltre), la Roma ha iniziato un progetto di più ampio
respiro simile a quello che dovrebbe intraprendere l’Inter per alcuni.
Il
nodo è Sneijder: nelle ultime due stagioni (beh, soprattutto questa in corso),
la cosa di cui si è sentita di più la mancanza è un punto di riferimento nella
costruzione del gioco, nel trovare varchi nelle difese avversarie, nella
creatività per andare in rete. Da un punto di vista calcistico occorre quindi
fare una decisione molto chiara. O si mette l’olandese al centro della nuova
squadra (Sneijder è classe 84), con tutti i rischi che ne possono convenire (l’abitudine
all’infermeria del trequartista), o lo si cede per capitalizzare e rifondare il
modulo di gioco, acquisendo giocatori promettenti e selezionando quali senatori
trattenere.

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