Come già promesso ai lettori in precedenti articoli (vedasi, in particolare, “Gobbi 39”), riteniamo giunto il momento di approfondire il rapporto tra la giustizia (sia sportiva che ordinaria), ed il concetto di “sentimento popolare”, emerso agli onori della cronaca sportiva nel corso del tragicomico affaire “Calciopoli”.
L’occasione, per tornare ad approfondire il problema, ci è stata data da quanto accaduto allo Stadio Dall’Ara, nel corso dell’incontro disputatosi tra il Bologna e la Juventus nel tardo pomeriggio del 7 marzo scorso.
E non ci riferiamo, almeno questa volta, ad aspetti squisitamente agonistici della partita (sebbene anch’essi meriterebbero rilevanza ma, come insegnano gli antichi romani: ubi major, minor cessat).
Ci riferiamo, invece, allo striscione apparso per alcuni minuti in “Curva Bulgarelli”, dal contenuto che, definire spregevole, non rende abbastanza.
Lo potete ammirare, si fa per dire, nella foto in alto: “Pessotto simulatore.... Si è buttato o era rigore?”.
Non credo di dover ricordare il fatto cui lo striscione si riferisce: a suo tempo, per alcuni giorni, le cronache (sportive e non sportive) ne parlarono abbondantemente: anche troppo, per la verità, sbizzarrendosi sulle modalità e sui motivi dell’accaduto, in barba ad elementari principi di riservatezza e di rispetto della persona.
Invece, sul fatto ora ricordato (lo striscione), che meriterebbe il massimo approfondimento soprattutto a fini di giustizia, sia sportiva che ordinaria penale, dobbiamo constatare, con immenso rincrescimento, il quasi completo silenzio degli organi di stampa e dei notiziari sportivi televisivi.
In particolare, andrebbe fortemente biasimata La Gazzetta dello Sport: unica, dei tre quotidiani sportivi a carattere nazionale, ad aver totalmente ignorato il fatto: sia sull’accaduto, sia sulla successiva notizia, divulgata ieri dall’Ansa, che il Procuratore Federale Palazzi avrebbe “aperto un fascicolo” sullo striscione incriminato. Paura? E di che?
Chiariamo bene: non stiamo affermando che il fatto, in sè, meritava di essere divulgato e diffuso nella massima ampiezza; assolutamente no.
Intendiamo affermare, invece, che il fatto avrebbe meritato un approfondimento non solo da parte dei media, ma anche da parte degli organi della giustizia non solo sportiva, ma anche, e, forse, soprattutto, di quella ordinaria penale. Cosa che nessun organo di informazione, che pure hanno riportato la scarna notizia, si sono premurati di fare: pura notizia e basta. Troppo poco; troppo facile: non serve a nulla, anzi, peggio, diffonde un “sentire IMpopolare”, che nelle frange di personaggi squilibrati, diventa “sentire popolare”.
E allora, pur nel nostro piccolo, cerchiamo di analizzare come stanno le cose.
Va premesso, intanto, che la materia dei rapporti intercorrenti tra la giustizia (sportiva ed ordinaria) nei confronti del “sentire/sentimento popolare” appare alquanto ostica e, in campo sportivo, si pone come novità assoluta (nata, come già riferito, nelle pieghe della vicenda “Calciopoli”, nel corso della quale, per la prima volta, in una sentenza della giustizia sportiva, è stata utilizzata la connessione concettuale, a livello giuridico e giurisdizionale, “sentenza basata sul sentimento/sentire popolare”.
Per questo motivo, abbiamo necessariamente dovuto disporre la partizione dell’analisi della tematica in più “capitoli” (cioè in più articoli per i lettori).
1- Come nasce e si consolida un “sentimento popolare”, a carattere negativo, in ambito sportivo.
Come in tutti i campi della vita (quindi, non solo in quello sportivo), un’idea, un concetto etico, un modo di dire o di fare, una volta espresso, può espandersi, “fare presa” e diventare, quindi, parte del “sentire popolare”; oppure decadere, sublimare all’istante e scomparire, appunto, dal comune pensare, dal “comune sentire”.
Ora, queste idee possono comportare aspetti positivi, nel senso che si conformino e/o migliorino l’etica positiva dominante in un certo luogo ed in una certa epoca storica; oppure comportare aspetti negativi, nel senso opposto.
Per quelle a carattere positivo, qui non ce ne occupiamo.
Per quelle a carattere negativo, di cui qui ci occupiamo, è nostro parere che, soprattutto se incardinano reati nei confronti di terzi, penalmente perseguibili, anche d’ufficio, esse non dovrebbero essere lasciate liberamente circolare; ma, chi è preposto all’amministrazione della giustizia (sportiva o ordinaria, meglio se entrambe, ciascuna per la parte di rispettiva competenza) dovrebbe, appunto, intervenire e stroncarne la libera circolazione, al fine non solo di evitare il perpetrarsi del reato, ma, soprattutto, di evitare che una idea malsana faccia “presa”, inquinando il civile ed ordinato svolgersi dei rapporti interpersonali.
Per uscire dalla teoria (ma anche per meglio illustrarla) sottoponiamo ai lettori questi semplici quesiti tutti, ovviamente, concernenti il nostro malandato sport (?) del calcio:
- perché l’ignobile concetto di “Rubentus” (reato: accusa di furto a Società sportiva) ha fatto presa ed è diventata parte del “sentire popolare”?
- perché l’altrettanto ignobile concetto di “Gobbi 39” (reato: apologia di una strage - Heysel) è diventato “sentire popolare”?
- perché è emersa e fatto presa, l’idea malsana di “Pessotto cascatore?” (reato: oltraggio, aggravato dalla ostentazione in luogo pubblico mediante esposizione di striscione)?
- perché lo scorso sabato, allo stadio Braglia di Modena, è emerso lo spregevole coro/concetto “Bolognese di m...” con riferimento al bolognese Lucio Dalla, appena deceduto; coro ripetuto costantemente, mentre veniva suonata la canzone “Caruso” in omaggio ed alla memoria dello stesso Dalla? (reato: oltraggio aggravato alla memoria di defunto).
Ci fermiamo nella elencazione, non perché non ce ne siano altre, ma perché supponiamo che la risposta dei lettori dovrebbe essere ormai alquanto univoca e conforme alla parte teorica sopra illustrata: perché chi, nei casi citati, era tenuto ad intervenire, sia per perseguire il reato (sportivo e penale) sia per ristabilire la correttezza etica del vivere civile, non è intervenuto.
Che ne dite Petrucci (CONI), Abete (FIGC), e Palazzi (Procuratore FIGC)? Siete d’accordo? Il vostro silenzio (come si usa dire, assordante), passato, presente (e, speriamo, senza futuro), la dice lunga.
Appuntamento al prossimo capitolo, nel quale affronteremo il problema di chi, come e in che modo, ha introdotto, nella giustizia sportiva (ed ordinaria), l’idea di sentenziare in base al "sentimento popolare".