mercoledì 4 luglio 2012

IL CONFINE TRA RICONOSCENZA ED AUTOLESIONISMO


Ci accingiamo ad affrontare un argomento alquanto complesso e spinoso. 

Che tuttavia esiste, sebbene si presenti, generalmente,  in maniera alquanto subdola e sfuggente. 

 L’occasione per trattarlo, sebbene  da tempo ci frullasse nel cervello, ci è stata data dal nostro CT della Nazionale di Calcio, Prandelli,  con queste parole, rilasciate all’ANSA il giorno dopo la finale Europea di Kiev:

'In cosa potevo essere piu' bravo? In finale avrei dovuto avere il coraggio di cambiare di piu'. Ma sarebbe stata una mancanza di rispetto per chi mi aveva portato in finale'.

Sui motivi della “disfatta di Kiev” ci siamo già soffermati, ponendo in rilievo gli errori, anche gravi, commessi da Prandelli  sia nella gestione complessiva del torneo sia, in particolare, nella disastrosa gestione della finale  con la Spagna.

Reso onore allo stesso Prandelli per l’onestà della parziale ammissione  di colpa (riconosce che, almeno nella finale , doveva cambiare di più. Non basta: il problema è stato anche aver cambiato male; prima e nel corso della partita!), la nostra attenzione è stata attratta dalla motivazione dell’errore ammesso: “sarebbe stata una mancanza di rispetto..” . Vale a dire : non ho potuto cambiare per debito di riconoscenza verso chi  mi aveva portato alla finale.

Questo è il punto; e di questo, ora, tentiamo una analisi 

Intanto, vorremmo ricordare ai lettori, che questa contrapposizione tra Riconoscenza ed Autolesionismo, è alquanto ricorrente nel nostro calcio. Ricordiamo, per brevità,  solo altri due “casi eccellenti”:
1-    nel Mondiale di USA -94 il nostro CT , Arrigo Sacchi, arrivato, anche lui, alla finale, schierò una formazione di uomini stanchi ed infortunati (proprio come Prandelli, a Kiev...). Ricordiamo , in particolare,   la forzata utilizzazione di Franco Baresi (al rientro dopo una operazione al menisco effettuata , appena 25 giorni prima, a torneo in corso) e di Roberto Baggio, infortunatosi nella semifinale di tre giorni prima e non guarito (lasciando colpevolmente in panchina un Gianfranco Zola , peraltro in gran forma). Ma non basta; come i tifosi più appassionati ricorderanno , la finale (contro  un  Brasile per nulla trascendentale...) fini ai calci di rigore; ebbene ricorderete chi calciò i nostri rigori: per primo Baresi: sbagliato; per ultimo, e decisivo, Roberto Baggio: Sbagliato e Mondiale al Brasile. Il giorno dopo, Sacchi, per giustificare la  grossolanità degli errori commessi, usò parole analoghe a quelle  di Prandelli e cioè ( riferendosi al fatto di aver schierato e fatto tirare i rigori a Baggio e Baresi ):  “... per i grandi meriti avuti fino a quel momento” .

2-    Nel Mondiale di Sud Africa 2010, il nostro CT  Marcello Lippi, ritornato alla guida della Nazionale nel 2008 ( dopo due anni “sabbatici”),  richiamato a tale funzione dalla Federazione , assai probabilmente per “debito di riconoscenza” (per aver vinto il precedente Mondiale di Germania 2006), schierò  ben 9 (avete letto bene: nove) dei suoi “Campioni del mondo” di quattro anni prima; ovviamente, anche lui , per aver scelto di adempiere ad un “debito di riconoscenza”(verso chi gli aveva fatto vincere il precedente mondiale); ma con lo stesso (peggiore)  risultato di Sacchi e Prandelli (ultimi ed eliminati,  già nel girone).

Non andiamo oltre(gli esempi sarebbero innumerevoli): tanto basta per affermare che il problema esiste. E che la tendenza è il privilegiare il senso di riconoscenza a scapito del risultato sportivo (autolesionismo).

Vorremmo, perciò, tentare di “dire la nostra” con l’avvertenza che facciamo riferimento solo al fatto sportivo (in particolare all’attività calcistica),  tralasciando altri aspetti , pur notevoli, come quelli etici  e  filosofici.

Nel mondo delle economie di mercato che caratterizzano le democrazie occidentali, gli impegni professionali sono, generalmente, “orientati al risultato”.
Questo vale, soprattutto, per le professionalità NON  autonome, per le quali,  ovviamente, si deve “rendere  conto” (ai datori di lavoro) dei risultati discendenti dalla propria attività.
I nostri CT della Nazionale di Calcio, sono , appunto, professionisti dipendenti (dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio), profumatamente pagati, e tenuti a “rendere  conto” dei risultati della propria attività.

Naturalmente, nel corso di tale attività si pongono, spesso, situazioni che implicano scelte difficili e problematiche sotto vari aspetti, non esclusi quelli di natura etica e filosofica.

Ebbene, noi riteniamo che, in un quadro come quello descritto, le situazioni “difficili” si debbano risolvere  facendo ricorso al principio basilare: tutto deve andare nella direzione del “risultato” ( ovviamente, ottimale, rispetto ai dati di fatto ).
Quindi, niente  “debiti di  riconoscenza”, con conseguente mancanza di risultato ottimale.
Quindi, ancora, Sacchi, Lippi, Prandelli (et similia), hanno sbagliato.
Eppure, questo ragionamento conclusivo,  ci lascia  ancora una domanda non soddisfatta:
Ma perché Sacchi, Lippi , Prandelli (et similia) hanno scelto diversamente?
E’ una pura casualità?
O c’è dell’altro, che ci sfugge?
Magari qualche lettore ci viene in soccorso?

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