venerdì 21 ottobre 2011

Dialogo sopra i massimi sistemi: giustizia sportiva / giustizia ordinaria

Per ogni cosa c’è il suo momento
(Ecclesiaste)

E il momento della verità, anzi, delle verità, nelle cose del calcio italiano (non giocato), è ormai prossimo. Infatti, entro la fine del 2011, dovremmo conoscere:
     - la sentenza sul processo penale, in corso presso il Tribunale di Napoli, a carico di Luciano Moggi, ex General Manager della Juventus, per i fatti di Calciopoli 1 (Sentenza prevista per Novembre 2011);
     - la Decisione del TNAS, circa la propria competenza a decidere sul ricorso della Juvenus in merito all’assegnazione, all’Inter, dello scudetto 2006, da essa (Juventus)  vinto “sul campo” (Decisione prevista per il giorno 29.12.2011);
     - la Sentenza dell’Alta Corte di Giustizia, circa il ricorso di Luciano Moggi avverso la sentenza di radiazione del 9 luglio scorso, emessa dalla Corte di giustizia Federale (sentenza prevista a giorni);
      - la Decisione della FIGC, circa l’opportunità di riaprire, attraverso la giustizia sportiva, il processo Calciopoli 1 (per cominciare il  Calciopoli bis), oppure aprire un nuovo processo (Calciopoli 2) per i fatti emersi, appunto, nel corso del processo penale di Napoli (la decisione, si presume, verrà presa poco dopo la sentenza di Napoli; quindi, presumibilmente, in Dicembre 2011).
Sperando che Platone e i suoi moderni seguaci non si offendano per l’usurpazione del titolo di questo articolo, ritengo che sia giunto il momento di dire “quattro parole” circa, appunto, i (massimi) sistemi della giustizia sportiva e della giustizia ordinaria;  che,  fra poco, ci inonderanno di sentenze e decisioni  di importanza estrema, non solo per i diretti interessati coinvolti  (Moggi, Juve, Inter, Moratti, Facchetti, ecc.) ma per tutto il movimento calcistico italiano (e,  probabilmente, per  via indiretta, anche internazionale).
Non starò certamente a tediarvi illustrandovi le  strutture, le composizioni, le competenze ed analoghi tecnicismi dei due sistemi di giustizia; preferisco evidenziarne i caratteri salienti  perché ciascuno possa farsi la migliore  idea possibile del valore dei rispettivi giudicati.


La giustizia sportiva
Chi, meglio di un giudice (sportivo) poteva sintetizzare il carattere peculiare della Giustizia (sportiva) che egli stesso amministra?
Dopo le sentenze di condanna della Juventus, un giudice (Piero Sandulli), dichiarò: “Non c’erano illeciti, era tutto regolare, le violazioni sono state “etiche”, comportamentali…”.
Ma, allora, come si spiega l’affossamento della Juventus?
Ecco come: un altro giudice, infatti, dichiarò: “Abbiamo cercato di interpretare un sentimento collettivo ed abbiamo provato a metterci  sulla lunghezza d’onda”.
Ricordo, solo per dare un folcloristico esempio, che,  all’epoca, andava molto di moda una t-shirt con in bella evidenza la scritta: “Rubentus” (ovviamente: invece che “Juventus”).  Questo era “il sentimento comune” sulla cui lunghezza d’onda la giustizia sportiva sentenziò.
Questi erano, nel 2006, e sono ancora oggi, i canoni, le regole, i criteri che si utilizzano nella giustizia sportiva.

La giustizia ordinaria (civile e penale)
Viene amministrata:
-   “in nome del popolo italiano”  (con questa frase, infatti, cominciano le sentenze che vengono emesse; ma, attenzione, è cosa ben diversa dal dire “secondo la volontà popolare”);
-   applicando il principio  cardine del sistema: “La legge è uguale per tutti”;
-   utilizzando tempi biblici.
1 - “In nome del popolo italiano”, appare, ormai,  alquanto astruso; c’è, infatti,  chi,  ormai, dubita che si possa ancora parlare di “popolo italiano” ( vero Bossi, padre e figlio?). E c’è chi,  ormai,  dubita che alla maggior parte dei giudici, interessi alcunché del popolo italiano, attenti,  come sono , ad amministrare i propri interessi finanziari e politici (vero De Magistris? Vero Narducci? e ci fermiamo, per carità di Patria e perché lo spazio non basterebbe);
2 - “La legge è uguale per tutti”. Certo, tutti vediamo che questo principio, esposto solitamente alle spalle dei Giudici ma di fronte al pubblico ed alle televisioni, fa bella mostra di sé nelle aule giudiziarie. Peccato, però, che tutti lo vedono, lo leggono e se ne ricordano;  tranne i Giudici;  i quali, (perciò ?) non raramente, se ne dimenticano…
3 - I tempi dei giudizi. Sono pluriennali; quando va bene, occorre un lustro per arrivare a sentenza; tant’è che, ormai, per pudore, nel nostro Paese nessuno più parla di “certezza del diritto”; neppure nelle aule universitarie. Perché, sempre più spesso, interviene, prima della sentenza, un’altra “certezza”: quella della morte degli interessati (talora, interviene la prescrizione, che è sempre una morte: quella della giustizia).
Si dice, spesso, che il grado di civiltà di un popolo si ritrova, in primis, nel proprio sistema di applicazione della “Giustizia”.
Credo non sia necessario aggiungere altro.

Aldo

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