Gli sportivi appassionati di calcio avranno certamente notato che Antonio Conte, nei suoi periodici commenti pre-partita (ma, a volte, senza ragione, anche nei post-partita) fa spesso riferimento al DNA della Juventus; intendendo, con ciò, l’applicazione feroce, la volontà di vincere che i giocatori della Juventus devono dimostrare comunque in ogni partita.
Alla luce delle prime otto giornate del campionato in corso, ritengo che del DNA della Juventus si sia visto ben poco.
Sono apparsi evidenti, infatti i seguenti aspetti:
- si entra in campo “per spaccare il mondo”; ma questo, dura il tempo di un gol; poi, gli avversari prendono il sopravvento; e, spesso, pareggiano;
- si gioca con uno schema, il 4-2-4, chiaramente non adatto alle caratteristiche dei giocatori disponibili, e mai utilizzato nella storia centenaria della Juventus.
Ora, per quanto riguarda il secondo aspetto, alla luce di quanto emerso dalla partita giocata ieri sera contro la Fiorentina (vinta 2-1 dalla Juventus), dobbiamo dare atto, preliminarmente, a Conte, di aver finalmente capito (ma sarà così anche in futuro?) che occorreva rivedere il modulo di gioco in 4-3-3, di gran lunga più adatto alle caratteristiche della rosa dei giocatori, soprattutto perché consente di far giocare Vidal, nel suo ruolo naturale di centrocampista, con benefici effetti anche su Pirlo e Marchisio, e su tutto l’impianto di gioco.
Detto ciò, tuttavia, occorre ribadire che, anche nella partita di ieri sera, dopo un primo tempo giocato (col 4-3-3) in costante pressing e giocando, praticamente, ad un sola porta, è emersa la dura realtà: dopo aver segnato solo la miseria di un gol (con una decina di azioni potenzialmente da rete e dopo un dominio assoluto durato 45 minuti) nella ripresa la musica è cambiata. Le parti si sono invertite: il (presunto) DNA della Juve era miseramente evaporato e, come al solito, gli avversari hanno pareggiato e perfino provato a vincere.
Che, poi, con un gol di Matri (peraltro, alquanto fortunoso) la Juve abbia vinto l’incontro, non cambia la sostanza delle cose: la Juve ha giocato tutto il secondo tempo in affanno, col terrore di subire anche altre reti fino alla fine, ha perfino inserito un nuovo mediano (Pazienza) al posto di Vidal (esausto) ed un ulteriore difensore (De Ceglie) al posto di uno dei tre attaccanti (Pepe, altrettanto esausto), passando ad un vergognoso 5-4-1, che, oggi, nel campionato italiano, non viene utilizzato neppure dal Cesena (con tutto il rispetto e solo per citare la squadra attualmente ultima in classifica).
Occorre applaudire, quindi, quel tifoso che, ieri sera, ha esposto il seguente cartello: “Fino al 90°!”.
Bravo. Perfetto. Poche parole ma molta (tutta?) sostanza. Soprattutto: centrato il problema. Calorosi applausi.
E infatti, nel complesso, il gioco della Juve, nel corso dei novanta minuti, nulla ha a che vedere col DNA Juventus; le partite, lo insegnano già ai “pulcini”, durano, appunto, novanta minuti.
Per concludere: Conte, dopo aver provveduto (si spera, definitivamente) al riassetto del modulo di gioco, dovrà capire (e far capire ai giocatori) e prepararli adeguatamente che il vero DNA della Juve è “vincere”, e non semplicemente “fare un gol”.
E, per vincere, occorre:
- giocare 90 minuti col proprio gioco, imponendolo agli avversari fino alla fine;
- raggiungere i due gol di vantaggio appena possibile, perchè non è, appunto, nel DNA della Juventus giocare i finali di partita “alla difesa del risultato” (ovviamente, con un solo gol di vantaggio) e costringere i tifosi a guardare l’orologio che non corre adeguatamente per le loro attese.
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