lunedì 31 ottobre 2011

Sintomi di stato confusionale

 Non sono medico, ma non posso non rilevare come, da qualche tempo, nell’ambiente interista, appaiono sintomi di “stato confusionale” sempre più evidenti e generalizzati: dal Presidente (Moratti), all’Amministratore delegato (Paolillo); dall’Allenatore (Ranieri) ai giocatori, fino ai  tifosi.
Tralasciando i sintomi confusionali messi in mostra da Moratti (su calciopoli 1 e bis, sul quale, comunque, ritorneremo) e da Paolillo (“5 rigori contro”, sul quale ci siamo già soffermati in un precedente articolo: “Al lupo, al lupo”), ora ci soffermiamo un attimo su Ranieri e sui tifosi (si fa per dire ) interisti.
RANIERI: al termine della partita (persa in casa 1-2) con la Juventus, ha rilasciato, tenendo un sorriso alquanto istrionico, la seguente dichiarazione, agli intervistatori di SKY:
"Sono soddisfatto della prestazione, nel primo tempo la squadra mi è piaciuta. Loro hanno colpito nelle uniche due azioni".
“Sono soddisfatto della prestazione ma loro hanno purtroppo colpito nelle uniche due azioni”
Ci sono alcune stranezze, in questa dichiarazione:
-          i media hanno evitato di farne rilevare, quanto meno, l’infondatezza ( forse perché talmente evidente, da non doverla rimarcare?);
-          stante l’infondatezza evidente (trattandosi di numeri, sono perfettamente contestabili), come spiegarne l’origine, se non con lo “stato confusionale”?
-          da notare, che non dice “ tiri in porta” (che pure sarebbe un errore enorme e come qualcuno , forse pietosamente ma erroneamente ha riportato); ma dice “azioni”: cioè,  ha sostanzialmente affermato che la Juve, nella partita appena finita, aveva impostato solo “due azioni” (si dovrebbe intendere, almeno, ma non lo ha detto, trasformabili potenzialmente  in gol): una enormità incomprensibile; assurda, rispetto ai fatti appena accaduti; anche qui  sostenibile solo affermandone uno “stato confusionale”.
I TIFOSI: è di pochi minuti or sono la notizia della multa di 20.000 euro all’Inter, per responsabilità oggettiva nei confronti dei propri tifosi (si fa per dire) “per  esposizione di striscioni offensivi”: dei quali uno inneggiava ai fatti dell’Heysel, e l’altro augurava, per così dire, una migliore vita al Presidente della Juventus Andrea Agnelli.
 A dire il vero ce ne sarebbe stato anche un altro di notevole “pregio”, grande come una intera curva di S.Siro, circa le presunte ruberie della Juventus.
Cosa dire? secondo questi pseudo-tifosi:
- il crollo delle tribune all’Heysel fu colpa della Juventus;
- Andrea Agnelli deve morire;
- i 29 scudetti della Juve sono stati rubati.
Come spiegare (ovviamente, senza giustificare) tutto ciò, se non affermandone lo “stato confusionale”?
Buona fortuna.

Aldo

L'allenatore nel pallone 3

La nona giornata calcistica, appena conclusa ha  presenta almeno quattro incontri nei quali  erano verosimilmente impegnate  almeno sei squadre (potenzialmente) candidate a giocarsi lo scudetto 2011-2012:
Catania – Napoli;  Roma – Milan; Inter – Juventus; Cagliari-Lazio.
Non sono qui a parlare di alcuna delle sei “blasonate”. Torno, infatti, a parlarvi dell’“ escluso” Catania.
Dico “torno” perchè già al termine della partita Fiorentina – Catania (finita  sul 2-2) ho avuto modo di esprimere  i miei elogi convinti al gioco messo in mostra dal Catania.
Inoltre, nella successiva tornata di mezza settimana, il Catania ha confermato, a Roma  contro la Lazio, tutte le sue qualità, terminando la gara sul punteggio di parità (1-1), ma furiosamente in attacco, alla ricerca della vittoria. Che poi non è arrivata per pura casualità!
E ieri, contro il Napoli (vittoria per 2-1), stessa musica.
Vorrei ricordare, al riguardo, che il Catania, nelle ultime sei partite, ha ottenuto i seguenti risultati:
Catania-Juventus: 1-1; Novara–Catania 3-3; Catania-Inter 2-1; Firorentina–Catania 2-2; Lazio-Catania 1-1; Catania–Napoli 2-1.
Sono risultati, considerate le squadre blasonate incontrate, da primi della classe; ma che, tuttavia, non dicono tutto.
Quello che non dicono, infatti, è il gioco espresso sul campo che ha consentito di raccogliere questi risultati.
Vorrei, intanto, evidenziare una caratteristica ricorrente nelle partite del Catania: in genere,  è la prima a subire il gol (nell’ultima partita, contro il Napoli, lo ha subito, dopo soli 29’’)  ma, poi, è un assalto alla rete avversaria che non si esaurisce più fino al raggiungimento del pareggio, ed anche dopo, alla ricerca della vittoria. E ciò, attraverso un gioco  spettacolare, entusiasmante anche per chi (come il sottoscritto) non è tifoso del Catania.
Questo gioco, presentato nei media come 3-5-2 ovvero come 5-3-2, in realtà, si esprime, quando c’è da recuperare il risultato di svantaggio, come se fosse un 5-3-4 oppure un 3-5-4. E non me ne voglia Canà (Lino Banfi, l’allenatore nel pallone che voleva schierare i suoi con il 5-5-5): non stiamo usurpando le sue genialità (teoriche); stiamo semplicemente riportando ciò che è (realmente) apparso, costantemente, ai nostri occhi,  nel corso delle  partite del Catania: una squadra (appunto il Catania) che sembra giocare in superiorità numerica (12 contro 10).
Certo, è un “effetto ottico” per chi è semplice spettatore; ma per le squadre avversarie in campo, è qualcosa di allucinante: ti tolgono il respiro; non ti fanno ragionare; ti circondano in tre; e alla fine il gol te lo fanno e cercano anche di farne altri. Chiedere, se non credete,  ai giocatori di Juve, Inter, Fiorentina, Lazio, e, da ultimo,Napoli.
Viene quasi da consigliare, alle squadre che incontrano il Catania: attenzione, state calmi perché, se segnate un gol, la vostra partita diventa un incubo; accontentatevi dello 0-0 iniziale.

Aldo

domenica 30 ottobre 2011

Sic transit gloria mundi

Come sono effimere le cose del mondo
(Imitatio Christi: 1,3,6.)


Morire a 24 anni! E come! .
E come sono strane certe coincidenze.
La locuzione in epigrafe, è stata utilizzata alcuni giorni or sono, prima della tragica morte di Simoncelli,  dal Capo del governo italiano, in occasione, ed a commento, della morte del Rais della Libia, Gheddafi.
Oggi, è ritornata alla mente di chi scrive, per quel “SIC” iniziale, che, da solo, in questi giorni,  ha inondato l’Italia.
In realtà la “gloria” del nostro Sic fu e resta vera. Nulla a che vedere con quella (solo immaginaria) dell’ex Rais.
E, purtroppo, veramente effimera: finita, nel pieno dello splendore.
Oltre alla tristezza per la scomparsa del nostro Sic, chi scrive ha dovuto fare i conti con due particolari aspetti di cui senza falso pudore e senza vergogna, ritiene di farne edotti i lettori:
1-    non ho mai particolarmente gradito ed apprezzato i “capelloni”; sia quando erano “di moda” che, ancor più, ai nostri giorni , in cui di moda non vanno più. Per cui il Sic, non ha mai riscosso le mie simpatie. Devo tuttavia confessare, che, assistendo  alle molteplici trasmissioni televisive, in cui il SIC ci è stato mostrato in vari aspetti e momenti della sua breve vita, mi è rimasto nel cuore. E il dispiacere della sua scomparsa, credo che mi resterà dentro a lungo.
2-    alcuni giorni prima del tragico incidente, avevo scritto un articolo circa la  particolare esternazione, manifestata ai media, da Valentino Rossi (“il migliore resto io”), mettendolo in relazione al deludente momento che attraversa nella stagione in corso. Ebbene, affermavo, nell’articolo, che attualmente Valentino, non è più il migliore e che, invece, è molto, ma molto distante: “da Stoner, Lorenzo, Pedrosa e Dovizioso”. Capito? Nell’elenco dei migliori (di Rossi) ne manca solo uno: Simoncelli. Dimenticanza? conseguenza della non simpatia? Per me, comunque, un ulteriore  rimorso e motivo di rammarico!
Mi rendo conto che questo articolo sta diventando alquanto melenso e personalizzato: quindi, preferisco chiuderlo subito, riportando quanto scritto su un cartello esposto ai funerali : “ora che sei lassù, insegna agli Angeli come si impenna”.

Aldo

venerdì 28 ottobre 2011

Al lupo, al lupo

All’89° minuto dell’incontro Atalanta – Inter, giocata ieri sera e terminata in parità (1-1), l’arbitro ha assegnato un calcio di rigore all’Atalanta, poi sbagliato da Denis che lo ha tirato debole e centrale addosso al portiere Castellazzi.
Avvisaglie di polemiche a fine partita, si sono avute già dalle parole di Ranieri che, intervistato in merito a tale penalty ha risposto: “ormai ci siamo abituati: in otto partite ce ne hanno fischiati cinque e nessuno era da considerare rigore certo”.
Le  polemiche  sono  state, poi, “ufficializzate”, ed  hanno assunto carattere di protesta nei confronti della Federazione e del suo Presidente (Giancarlo Abete), quando, dopo Ranieri, si è presentato all’intervistatore, il Segretario generale dell’Inter Paolillo, che, fra l’altro, ha detto: "Sembra essere diventato molto facile dare rigori contro di noi; non so perchè succede. Noi siamo molto rispettosi della classe arbitrale, non protestiamo con il presidente degli arbitri nè con il designatore, ma c'è un garante di tutto questo, è il presidente della Federazione, sta a lui valutare se gli arbitri sono in forma o meno e se stanno passando un momento particolare. Non parlo di disegno contro di noi, non lo penso. È un momento psicologico della classe arbitrale in cui dare un rigore contro di noi sembra la cosa più facile e difensiva".

Al riguardo, credo ci siano almeno tre aspetti da porre all’evidenza dei lettori:
1-     Il rigore, a detta della generalità dei media, era “dubbio”: cioè si poteva dare e si poteva non dare;
2-     sui rigori il discorso va fatto in termini complessivi e relativi;
3-     sabato prossimo, come tutti gli sportivi sanno, c’è il “Derby d’Italia”: Inter-Juventus.
Analizziamo punto per punto:
1-    sempre la maggioranza dei media, ha ritenuto che quel rigore era effettivamente dubbio. Vorrei, al riguardo, far notare che, oltre ad essere dubbia, l’azione si svolgeva, dentro l’area  ma  molto defilata sulla sinistra di Castellazzi; palla e giocatori erano avviati verso il fondo campo: intendo dire che  l’azione non poteva neppure essere considerata “potenzialmente da rete”. Ritengo, quindi, che l’arbitro (o il segnalinee) abbia effettivamente esagerato nel dare il rigore.
2-    I cari Ranieri e Paolillo, dovrebbero, con l’esperienza calcistica che si ritrovano, aver ormai maturato l’idea che, quando si parla di  numeri, se non si è obbiettivi, si rimediano figure  meschine. Vediamo come stanno, in realtà,  le cose: l’Inter ha avuto, ad oggi,  5 rigori contro (di cui solo 3 convertiti in gol); ma ne ha avuti 2 a favore (entrambi  convertiti in gol). Facendo delle semplici differenze risulta: rigori contro 3; gol subiti su rigore 1. Questi sono i numeri in termini assoluti. Vediamo, ora,  in termini relativi, ad esempio nei confronti della Juventus, come stanno le cose. La Juve, ad oggi,  ha ricevuto 1 rigore contro (trasformato in gol) e zero rigori a favore. Le differenze dicono : rigori contro 1; gol subiti su rigore 1. Le differenze relative dicono , quindi, che siamo sul pari per quanto riguarda i gol subiti su rigore (entrambi 1); mentre l’Inter ha subito 2 rigori in più. Questi sono i numeri; c’è da gridare allo scandalo?. Noi crediamo di no. E, allora, come si spiga tutto questo “can can“ di Paolillo? Veniamo al punto successivo.
3-    Come accennato, sabato si giocherà Inter-Juventus. L’incontro si presenta, già di per se stesso, alquanto “difficile“ da arbitrare; e ciò,  sia per le varie diatribe  giudiziarie in corso tra le due società; sia per il conseguente  malanimo che ciò ha indotto nelle rispettive tifoserie; sia,  infine, per le rispettive posizioni in classifica  che rendono il risultato di questo incontro estremamente importante per il prosieguo del campionato, per entrambe le squadre. Ritengo, perciò, del tutto inopportuno gettare ulteriore acqua sul terreno bagnato, (anzi, alluvionato)  ed aumentare ulteriormente la problematicità della partita, tirando in ballo, preventivamente, il settore arbitrale e, perfino, il Presidente Abete.
L’Inter,  come società e come team,  sta attraversando momenti bui. E il peggio deve ancora arrivare,  sia come società (processo di Napoli in via di conclusione, con quello che seguirà sul piano sportivo e finanziario) sia come team (posizione in classifica a rischio retrocessione).
Ciononostante, riteniamo che il comportamento tenuto dal Paolillo, nella circostanza, sa poco di eleganza e molto di lagnanza;  appunto,  da “caccia al lupo”.

mercoledì 26 ottobre 2011

La prescrizione nelle vicende sportive

Come è noto, nel Diritto Civile, esiste un particolare istituto chiamato “Prescrizione dei Diritti”. Esso si rende necessario per mantenere effettivo e vitale, il principio della “certezza” delle situazioni giuridicamente rilevanti, nei rapporti di convivenza civile.
Essa (prescrizione) infatti, rende nullo (cioè non più esistente e, quindi, inutilizzabile) un qualsiasi diritto che non sia stato esercitato per un certo periodo di tempo (generalmente 10 anni), perché, si assume, in parole semplici, che il titolare non sappia più cosa farsene.
Bene, senza dilungarmi troppo, arrivo al dunque: anche nel diritto sportivo esiste la norma sulla prescrizione: ed è, appunto, di questo che vorrei ora parlare.

L’argomento, come gli sportivi più attenti sapranno, è emerso agli onori delle cronache sportive, proprio di recente, perché utilizzato dal Procuratore Federale Palazzi, nella ormai famosa relazione sugli eventi di “Calciopoli 1” emersi nel corso del processo (penale), in corso di svolgimento presso il Tribunale di Napoli, e sollecitata dalla Juventus.
In tale relazione, resa pubblica il 1 luglio 2011, il Palazzi, dopo aver ampiamente illustrato gli illeciti commessi dai dirigenti dell’Inter (in particolare, dall’attuale Presidente Moratti e dal suo predecessore, Facchetti), per violazione, non solo dell’art 1 (“etica sportiva”) ma, soprattutto, dell’art. 6 (“illecito sportivo”) del Codice di giustizia sportiva (allora vigente; art. 9, oggi, nel nuovo Codice), ha infine disposto l'archiviazione nei confronti di Massimo Moratti e della società Internazionale, non per la mancanza di illeciti bensì perché: “non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare non prescritte ai sensi dell’art. 18 C.G.S., vigente all’epoca dei fatti” (che, tradotto, significa che sono emersi illeciti disciplinari, ma sono tutti prescritti).

Ecco il punto cruciale della questione; perché qui bisogna domandarsi:
1 - In punto di diritto:  possono veramente considerarsi prescritti gli “ illeciti sportivi” dell’Inter commessi in violazione dell’art 6 (allora vigente, art. 9 attuale)?
2 - In punto di etica sportiva: perché l’Inter, riconosciuta colpevole (ma non perseguibile, per presunta, intervenuta prescrizione), non rinuncia , appunto, alla prescrizione, chiedendo lo svolgimento del relativo processo sportivo?

Vediamo di approfondire questi due aspetti:
1-     In punto di diritto sportivo,  ci chiediamo: perchè mai il Procuratore Palazzi ha deciso di applicare il vecchio Codice di Giustizia Sportiva vigente all'epoca dei fatti, che prevedeva termini di prescrizione più brevi (4 anni), invece di quello nuovo - entrato in vigore nel 2007 - che prevede, invece, un termine prescrizionale più lungo (8 anni)? Il dubbio è molto forte e la materia alquanto complessa. Io mi limito a ricordare che  nel nuovo Codice vi è una norma transitoria che prevede l'applicazione retroattiva, delle nuove norme, anche ai procedimenti in corso e quindi, di fatto, anche agli illeciti avvenuti sotto la vigenza della precedente disciplina (ma, ovviamente, non ancora giudicati /definiti; allora il quesito iniziale si modifica in quest’altro: perché Palazzi non ne ha tenuto conto? Difficile rispondere; non resta che attendere gli sviluppi della vicenda.

2-     In punto di etica sportiva, ricordiamo che da più parti, ci si è chiesto se non fosse il caso che l’Inter rinunciasse alla prescrizione. Lo stesso Presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, al termine del Consiglio Federale del 18 luglio scorso , ha dichiarato che “l’etica non va in prescrizione” e che “mi sarei augurato la rinuncia alla prescrizione da Parte dell’Inter”.


Queste dichiarazioni suonano quanto meno strane dette da un “politico” (seppure sportivo)
con tanta esperienza come il citato Abete. In effetti, i casi sono due:

-          o crede veramente a quello che ha detto: ed allora  fa la figura dello sprovveduto e del credulone;
-          oppure è un messaggio cifrato destinato a chi di dovere (leggi Moratti e Inter) nel tentativo di salvare il salvabile da parte della Federazione: ma anche in questo caso, peccherebbe di infantilismo. Nessuno sacrifica i propri interessi,  per salvare quelli degli altri; chiunque essi siano.
-         
La realtà è che né l’Inter né Moratti, pensano lontanamente di rinunciare alla prescrizione ed infilarsi in un processo sportivo dai risvolti penali (sportivi) e finanziari di enorme rilevanza.
Ecco perché si è diffuso, tra i tifosi e i media, il detto: “dall’Inter degli onesti, all’Inter dei prescritti”.
Ma, anche qui, la parola “fine” non è ancora stata pronunciata. Ne vedremo delle belle.


Aldo

Alla ricerca del DNA perduto

Gli sportivi appassionati di calcio avranno certamente notato che Antonio Conte, nei suoi periodici commenti pre-partita (ma, a volte, senza ragione, anche nei post-partita) fa spesso riferimento al DNA della Juventus; intendendo, con ciò, l’applicazione feroce, la volontà di vincere che i giocatori della Juventus devono dimostrare comunque in ogni partita.
Alla luce delle prime otto giornate del campionato in corso, ritengo che del DNA della Juventus si sia visto ben poco.
Sono apparsi evidenti, infatti i seguenti aspetti:
- si entra in campo “per spaccare il mondo”; ma questo, dura il tempo di un gol; poi,  gli avversari prendono il sopravvento; e, spesso, pareggiano;
- si gioca con uno schema, il 4-2-4, chiaramente non adatto alle caratteristiche dei giocatori disponibili, e mai utilizzato nella storia centenaria della Juventus.
Ora, per quanto riguarda il secondo aspetto, alla luce di quanto emerso dalla partita giocata ieri sera contro la Fiorentina (vinta 2-1 dalla Juventus), dobbiamo dare atto, preliminarmente, a Conte, di aver finalmente capito (ma sarà così anche in futuro?) che occorreva rivedere il modulo di gioco in 4-3-3, di gran lunga più adatto alle caratteristiche  della rosa dei giocatori, soprattutto perché consente di far giocare Vidal, nel suo ruolo naturale di centrocampista, con benefici effetti anche su Pirlo e Marchisio, e su tutto l’impianto di gioco.
Detto ciò, tuttavia, occorre ribadire che, anche nella partita di ieri sera, dopo un primo tempo giocato (col 4-3-3) in costante pressing e giocando, praticamente, ad un sola porta,  è emersa la dura realtà: dopo aver segnato solo la miseria di un gol (con una decina di azioni potenzialmente da rete e dopo un dominio assoluto durato 45 minuti) nella ripresa la musica è cambiata. Le parti si sono invertite: il (presunto) DNA della Juve era miseramente evaporato e, come al solito, gli avversari hanno pareggiato e perfino provato a vincere.
Che, poi, con un gol di Matri (peraltro, alquanto fortunoso) la Juve abbia vinto l’incontro, non cambia la sostanza delle cose: la Juve  ha giocato tutto il secondo tempo in affanno, col terrore di subire anche altre reti fino alla fine, ha perfino inserito un nuovo mediano (Pazienza)  al  posto di Vidal (esausto) ed un ulteriore difensore (De Ceglie) al posto di uno dei tre attaccanti (Pepe, altrettanto esausto), passando ad un  vergognoso 5-4-1, che, oggi, nel campionato italiano, non viene utilizzato neppure dal Cesena (con tutto il rispetto e solo per citare la squadra attualmente ultima  in classifica).
Occorre applaudire, quindi, quel tifoso che, ieri sera, ha esposto il seguente cartello: “Fino al 90°!”.
Bravo. Perfetto. Poche parole ma molta (tutta?) sostanza. Soprattutto: centrato il problema. Calorosi applausi.
E infatti, nel complesso, il gioco della Juve, nel corso dei novanta minuti, nulla ha a che vedere col DNA Juventus; le partite, lo insegnano già ai “pulcini”, durano, appunto,  novanta minuti.
Per concludere: Conte, dopo aver provveduto (si spera, definitivamente) al riassetto del modulo di gioco, dovrà capire (e far capire ai giocatori) e prepararli adeguatamente che il vero DNA della Juve è “vincere”, e non semplicemente “fare un gol”.
E,  per vincere, occorre:
- giocare 90 minuti col proprio gioco, imponendolo agli avversari fino alla fine;
- raggiungere i due gol di vantaggio appena possibile, perchè non è, appunto, nel DNA della Juventus giocare i finali di partita “alla difesa del risultato” (ovviamente, con un solo gol di vantaggio) e costringere  i tifosi  a guardare l’orologio che non corre adeguatamente per le loro attese.

martedì 25 ottobre 2011

Platini, Agnelli e il francobollo

Non dovrei sbagliare di molto ricordando che Michel Platini è stato uno dei più grandi calciatori della storia della Juventus.
Da qualche anno, inoltre, come la generalità degli appassionati delle cosa calcistiche sapranno, Platini è Presidente dell’UEFA (massimo organo calcistico europeo) e candidato al trono di Blatter, Presidente nella FIFA (massimo organo calcistico mondiale).
Verso fine settembre scorso “il nostro”, invitato presso “La  Gazzetta dello Sport” per una intervista “ad ampio respiro“, come si usa dire in questi casi, tra le tante esternazioni, e riferendosi all’esposto inviato, poco tempo prima, dalla Juventus all’UEFA, per segnalare le sconcezze in corso presso la FIGC (massimo organo calcistico italiano) e per chiederne l’intervento, ha fatto sapere che, per lui: “Agnelli poteva risparmiare i soldi del francobollo”.
Purtroppo, non è dato sapere se, effettivamente, la Juventus abbia trasmesso il suo esposto utilizzando la posta ordinaria (col dovuto “francobollo”) o con uno dei tanti mezzi alternativi (anche telematici) oggi a disposizione.
Ma vorrei far notare che il fatto (cioè il mezzo effettivamente utilizzato per la trasmissione dell’esposto) non appare molto rilevante. Ciò che, invece, appare rilevante è che l’espressione, peraltro alquanto populistica, avente, perfino, un sapore di “frase fatta”,  appare alquanto straordinaria (nel senso letterale di fuori dalla ordinarietà), ed anche indecorosa (per lo stesso Michel) ed irrispettosa (per Andrea Agnelli), detta da “Le Roi”.
Viene perfino il dubbio che l’espressione sia stata detta, da Michel, come “battuta”, ma perfidamente utilizzata, dalla “Gazzetta” come manifestazione di una opinione (di Michel) circa la vanità, meglio, inutilità dell’esposto della Juventus; perché, tanto, l’UEFA, o non farà nulla o, se farà, darà comunque ragione alla FIGC e torto alla Juventus.
Bene, nel primo caso (l’UEFA non farà nulla), la Gazzetta è stata già clamorosamente smentita, perché l’UEFA, in data 4.10.2011, ha inviato al Presidente della FIGC (Giancarlo Abete) a Moratti e ad Agnelli nota di richiesta di chiarimenti circa, appunto, l’esposto inviato dalla Juventus, assegnando anche un termine per la risposta: 19.10.2011. Per il contenuto e per il particolare linguaggio utilizzato, riteniamo utile riportare qui sotto il testo (l’originale è in francese ma noi lo riportiamo in italiano) della nota:
Signor Presidente, Signori, troverete allegata alla presente una copia della corrispondenza che ci è stata indirizzata il 2 settembre 2011 dal presidente di Juventus Football Club S.p.A. Come potrete constatare, la Juventus si lamenta del fatto che il titolo di campione d'Italia per la stagione 2005-2006 le sia stato revocato, valuta che l'Internazionale Milano ha commesso errori dello stesso genere nello stesso periodo, protesta contro il fatto che quest'ultimo club non sia stato sanzionato e chiede che l'UEFA:

a) si informi sul modo in cui la FIGC ha indagato sui fatti concernenti la Juventus e - soprattutto - l'Internazionale Milano;
b) sanzioni l'Internazionale Milano dichiarando questo club non avente diritto a partecipare a l'UEFA Champions League 2011-12;
c) informi la Juventus delle misure che essa prenderà contro l'Internazionale Milano e la FIGC.

La Juventus chiede sostanzialmente all'UEFA di verificare che la FIGC abbia fatto bene il suo lavoro. A priori non abbiamo alcuna ragione di dubitarne. Tuttavia sarebbe probabilmente utile che ci facciate parte della vostra posizione circa le lagnanze formulate dalla Juventus, in modo da dissipare qualunque eventuale malinteso.

Una risposta da parte vostra da qui al 19 ottobre 2011 ci farebbe piacere. Vedremo poi cosa sarà opportuno fare.

Ringraziandovi anticipatamente e restando a vostra disposizione per ogni informazione supplementare, vogliate gradire, signor Presidente, Signori, i nostri migliori saluti sportivi.

Pierre Cornu
Chief Counsel, Integrity and Regulatory Affairs
.
Nel secondo caso (l’UEFA darà comunque ragione alla FIGC), sappiamo che entro il 19 ottobre Abete ha inviato all’UEFA le considerazioni della FIGC (avrà utilizzato la posta ordinaria col dovuto “francobollo”?) ma non sappiamo quando e come sarà presa una decisione.
Certo è che, come si può notare, a Ginevra sono persone molto ben educate, pacate e bendisposte nei confronti del prossimo; in particolare con le Federazioni nazionali sulle quali l'Uefa esercita una funzione di controllo. L'ottimo Cornu (attenti, juventini, se va male,  è troppo facile passare da “Cornu” a “cornuto”; perciò, state calmi) non ha alcun motivo di dubitare che la Federazione italiana non abbia gestito la vicenda Calciopoli in modo corretto.
È anche  certo che,  da tali espressioni,  la solita “Gazzetta” ha dedotto che la FIGC, l’Inter e Moratti possono dormire sonni tranquilli: la Juventus non la spunterà con il “suo” Platini. Vedremo.

Juve: quale DNA?

Prima di accomodarmi in poltrona a vedere Juventus-Fiorentina in programma questa sera, 25 ottobre 2011, alle 20.45, quale anticipo del turno infrasettimanale della nona giornata del campionato di calcio Serie A, vorrei svolgere alcune considerazioni che, nella  “stampa che conta”, non vengono a galla; sommersa, com’è, da una generalizzazione di elogi per il nuovo stadio; per la nuova Juve, ma, soprattutto, verso il nuovo trainer  Antonio Conte (ancora stamane, su “Tuttosport”, in prima pagina, si legge: “Sacchi: Conte cambierà il calcio”).
Da qualche tempo, la vista mi fa difetto ed uso, ovviamente, lenti correttive; e la prima impressione è stata quella di aver letto male; ma, dopo aver ben ripulito gli occhiali, ed ottenuto conferma di aver letto bene, ho cominciato a riflettere.
E qui riporto queste riflessioni.
Fino ad ora, dalle esternazioni di Antonio Conte, rilasciate ai media da quando è stato assunto quale allenatore della Juventus, si possono desumere le seguenti linee di pensiero prevalenti:
- dovremo riappropriarci del DNA della Juventus, che consiste nello scendere in campo sempre e comunque ricercando la vittoria;
- giocheremo col 4-2-4;
Cominciamo dal 4-2-4. E rileviamo, intanto, che in Italia, nessuno adotta, ed ha mai adottato questo schema di gioco. E questo sembrerebbe dare ragione a Sacchi (cambierà il calcio). Tuttavia mi permetto di far rilevare che in qualsiasi attività della vita quotidiana, non basta la conoscenza teorica dei fatti e delle circostanze, ma occorre anche tener conto delle molteplici e mutevoli condizioni di fatto, relative a luogo,  tempo e spazio.
Se conveniamo su ciò, occorre, nel caso in esame, domandarsi se la Juve di Conte (cioè con la rosa dei giocatori che possiede) è, nell’attuale stagione calcistica e nel campionato Italiano (cioè considerate la generale qualità delle altre squadre), in grado di applicare con successo il 4-2-4.
Io ritengo di no. E per due ragioni che illustro sinteticamente:
1-     per applicare tale schema di gioco occorrono almeno 4 giocatori d’ala (oggi si dicono “esterni”), due titolari e due pronti a subentrare in caso di necessità, che nel loro ruolo siano dei “crack”. Nessuno tra i giocatori a disposizione attualmente è un “crack”. Alcuni sono abbastanza efficaci (Pepe e Giaccherini) i quali, però,  sopperiscono con la volontà alla mancanza di classe/tecnica (ma quanto potranno  durare?); altri sono evanescenti (Elia, Estigarribia, e l’attuale, inguardabile  Krasic);
2-     per attuare tale schema di gioco occorrono almeno quattro centrali in attacco (due titolari e due riserve), pronti a mettere a frutto la quantità innumerevole di cross, che dovrebbero, in teoria, pervenire dagli esterni (per intenderci, tipi come Klose, Cissé, il Toni giovane…). Il che, nella attuale Ju ventus, non esiste. Fateci caso: i centrali, oggi, quasi tutti “piccoletti”, costantemente scavalcati dalle traiettorie o preda di difensori più alti e prestanti (Del Piero, Matri, Vucinic. Quagliarella: giocatori di gran classe, con palla a terra ma non con palla spiovente dai cross!).
Ormai, la situazione dovrebbe essere chiara a tutti (meno che a Conte?). In attesa di questi “crack” (gennaio 2012?), ormai Conte dovrebbe capire che è urgente passare dal 4-2-4, ad un più “realistico” 4-3-3,  inserendo in via definitiva Vidal accanto a Pirlo e Marchisio.
E passiamo al secondo punto: il DNA della Juventus: “sempre e comunque alla ricerca della vittoria”.
Anche qui, le intenzioni teoriche sono una cosa; le realtà del campo sono altra cosa.
Una serie continua di 4 pareggi (tutte a rischio sconfitta, con i tifosi con l’orologio in mano in attesa del fischio finale… questo non è nel DNA della Juve!) contro squadre di media/bassa classifica, ha  posto in evidenza che la Juve cerca sì il gol (appena entra in campo), ma ha anche evidenziato, con preoccupante ripetitività che, segnato un gol, il DNA (ricerca della vittoria) scompare: e gli avversari prendono il sopravvento e quasi sempre arrivano al pareggio.
Verrebbe da dire: ci risiamo (vero Ranieri, vero Ferrara, vero Del Neri?). Non basta un gol per “vincere” una partita. Soprattutto oggi, nel campionato di serie A, tremendamente livellato in alto e dove il cosiddetto DNA della Juventus (vincere sempre) è ormai diventato patrimonio comune anche delle cosiddette “piccole” (Genoa, Catania, Chievo, Atalanta, ecc.): anche esse, ormai, provano sempre a vincere, senza alcun “rispetto” per le cosiddette “grandi” (Milan, Inter, Juventus, Roma, Napoli ecc.).
Perciò diciamo: ci risiamo. Nulla di nuovo sul fronte della Juve (altro che “Conte cambierà il calcio”).
Conte, prima o poi dovrà capire che, nel calcio, la squadra va fatta giocare secondo le qualità tecniche dei giocatori a disposizione, e non, viceversa, secondo le teorie  (che possono anche essere “innovative”) del mister, non adatte ai giocatori disponibili (la recentissima vicenda Gasperini / Inter non ha insegnato nulla? Possibile?).
Questa è la lezione che Conte avrebbe dovuto apprendere anche dall’andamento dell’ultimo incontro con il Genoa (finito 2 a 2  con la Juve rimontata 2 volte e a rischio finale di sconfitta!)
Perciò, ci attendiamo, stasera, contro la Fiorentina, un “pratico” 4-3-3 con Vidal a fianco di Pirlo e Marchisio.
Vedremo…

Aldo

domenica 23 ottobre 2011

Elogio al Catania

La partita Fiorentina – Catania, giocata nel pomeriggio di ieri alle 18 e terminata col punteggio di 2-2, merita qualche considerazione,  per vari aspetti.   
La partita è stata avvincente; lo spettatore neutrale (come il sottoscritto) ne ha potuto godere i risvolti tecnici, tattici ed agonistici (evidenti dal primo all’ultimo minuto), nonché le giocate assai pregevoli di alcuni giocatori – Jovetic e Lodi.
La gara, infatti, è stata giocata da entrambe le squadre con un obiettivo evidente: vincere. E fino all’ultimo minuto,  il risultato è rimasto nel dubbio, perché il terzo gol (e la vittoria) di una delle due contendenti, era nell’aria.
Chi pensava che il Catania si sarebbe chiuso ed avrebbe giocato di rimessa, si è dovuto ricredere: anche sul 2 a 2, infatti, il Catania ha continuato a giocare “per vincere”. Prova ne sia la sostituzione di un attaccante (Catellani) con un altro attaccante (Bergessio) al 19° del secondo tempo. Faccio notare, al riguardo, che anche nella partita contro la Juventus (anche questa finita in parità) di qualche settimana prima, il Catania aveva già fatto bella mostra di sé; va anche ricordato che nella partita di ieri, il Catania ha giocato senza tre titolari infortunati: Gomez, Ledesma e Capuano.
Giocando con un 3-5-2  in fase di possesso palla, che diventava un 5-3-2 quando erano gli avversari ad attaccare, il Catania ha messo in mostra un gioco veloce (stop e passaggio), arioso (centrocampisti e laterali sempre pronti a ricevere i passaggi), stupefacente a vedersi: i due laterali di fascia (ieri Izco e Marchese) sempre concentrati, sempre disponibili, erano pronti ad abbassarsi in riga coi tre difensori centrali ed altrettanto pronti a spingersi in avanti appena riconquistata la palla.
In questo spettacolo, non posso non elogiare la sontuosa partita giocata da Lodi: in moto perpetuo, testa alta, elegante, difensore accorto e distributore di gioco illuminato; con un “sinistro di Dio” che è un piacere per gli occhi; non un passaggio sbagliato sia esso di pochi metri che di quaranta metri (per Izco o per Marchese): uno spettacolo nello spettacolo. Resta, a chi scrive, l’impossibilità di farsi una ragione su come un calciatore con queste qualità, che da anni gioca a livelli eccellenti, non sia ancora stato “scoperto” da qualche società di  maggior livello. Applausi ed auguri di cuore.
Infine, non posso mancare una citazione sull’arbitraggio di Giannoccaro: ha scontentato tutti. Fin dalle prime battute ha omesso di fischiare falli evidentissimi, anche violenti e pericolosi per l’incolumità dei giocatori; peraltro, non erano casi di possesso palla a proseguire per la squadra danneggiata (regola “del vantaggio”); perciò, inspiegabili ed irritanti. Purtroppo (per lui e per il Catania), il primo gol della Fiorentina è scaturito proprio da un evidente fallo (da dietro e con sottrazione irregolare della palla) non fischiato, con i giocatori del Catania (e non solo) in attesa del fischio e quelli dalla Fiorentina (Jovetic) che andavano a rete. Infine, sul secondo gol del Catania, la palla, colpita di testa da Barrientos, aveva superato la linea di porta di un buon metro! Ma né arbitro, né segnalinee hanno dato il gol. Fortuna (per tutti, Catania, arbitro, segnalinee, tifosi, settore arbitrale e così via) che il pallone, tirato fuori dalla porta da un difensore viola, è stato poi ribattuto in rete da Maxi Lopez.
Bravo Catania; a rivederti volentieri.

Aldo

sabato 22 ottobre 2011

Il migliore resto io

Da tempo lo tenevo d’occhio e lo aspettavo al varco.
E finalmente ci siamo: Valentino ha confessato. Ovviamente, a modo suo; e, come era facile prevedere,  secondo il più classico modo di esprimersi di chi, ormai, capisce poco o niente di quello che dice (e, purtroppo, ormai, di quello che fa): cioè  secondo i canoni delle ultime parole famose: “il migliore resto io”.
È accaduto, infatti che “il nostro” ha rilasciato una intervista al Corriere dello Sport in edicola questa mattina (http://www.corrieredellosport.it/Edicola.shtml) che, appunto, mi consente di fare alcune considerazioni sulla sua stagione sportiva.
Per dare un senso compiuto alle considerazioni che andrò a svolgere, occorre premettere alcuni dati di fatto:                                                                                                                                       
Valentino Rossi è nato ad Urbino il 16 febbraio 1979 e la sua carriera motociclistica, fino ad oggi, si riassume come segue:
- Classe 125: 1997 su Aprilia
- Classe 250: 1998/99 su Aprilia
- Classe  500 e MotoGP – 2000/2003 su Honda, 2004/2010 su Yamaha, 2011/oggi su Ducati.
In questi anni ha vinto 9 titoli mondiali, distribuiti in tutte le Classi. Purtroppo, il 5 giugno 2010, nel corso delle prove del Gran Premio d’Italia, al Mugello, cade rovinosamente, procurandosi una frattura scomposta ed esposta di perone e tibia.
Per essere brevi, si può fondatamente affermare che il “Campione” Valentino Rossi è finito lì. E solo una casa motociclistica italiana poteva ancora credere in lui. Infatti la Ducati, lo ha messo sotto contrato per le stagioni 2011 e 2012.
Bene. Anzi, male. Nella stagione corrente (2011) Valentino ha collezionato,  fino ad ora,  il seguente score: Vittorie 0, Podi 1, Pole position 0.
Questo score la dice lunga: le giustificazioni, fino ad ora, sono state:
-          ho dolore  alla gamba ;
-          non afferro bene il volante, per dolori alla mano;
-          la moto non risponde e faccio fatica a governarla;
-          dobbiamo migliorare l’assetto.
Ecco perché lo aspettavo al varco: per sentirgli dire tutta la verità. Che, come sospettavo, non è stata detta. Non ha avuto, infatti, il coraggio di dire: basta, non sono più competitivo. Perché questa è la verità: Valentino “non è più il migliore”:  Stoner, Lorenzo, Pedrosa e Dovizioso, ormai non li vede più (in pista, in gara). Troppo lontani, irraggiungibili. E sono in quattro, non uno solo.
E non è questione di “Ducati desmosedici”.  È questione dell’uomo, del pilota, di Valentino Rossi.
Ma,  per la serie delle  ultime parole famose, dice: “il migliore resto io”!
E la Ducati, cosa dice? Aspettiamo, al varco, anche la Ducati: prima o poi dovrà dire cosa ne pensa.

Aldo

venerdì 21 ottobre 2011

Dialogo sopra i massimi sistemi: giustizia sportiva / giustizia ordinaria

Per ogni cosa c’è il suo momento
(Ecclesiaste)

E il momento della verità, anzi, delle verità, nelle cose del calcio italiano (non giocato), è ormai prossimo. Infatti, entro la fine del 2011, dovremmo conoscere:
     - la sentenza sul processo penale, in corso presso il Tribunale di Napoli, a carico di Luciano Moggi, ex General Manager della Juventus, per i fatti di Calciopoli 1 (Sentenza prevista per Novembre 2011);
     - la Decisione del TNAS, circa la propria competenza a decidere sul ricorso della Juvenus in merito all’assegnazione, all’Inter, dello scudetto 2006, da essa (Juventus)  vinto “sul campo” (Decisione prevista per il giorno 29.12.2011);
     - la Sentenza dell’Alta Corte di Giustizia, circa il ricorso di Luciano Moggi avverso la sentenza di radiazione del 9 luglio scorso, emessa dalla Corte di giustizia Federale (sentenza prevista a giorni);
      - la Decisione della FIGC, circa l’opportunità di riaprire, attraverso la giustizia sportiva, il processo Calciopoli 1 (per cominciare il  Calciopoli bis), oppure aprire un nuovo processo (Calciopoli 2) per i fatti emersi, appunto, nel corso del processo penale di Napoli (la decisione, si presume, verrà presa poco dopo la sentenza di Napoli; quindi, presumibilmente, in Dicembre 2011).
Sperando che Platone e i suoi moderni seguaci non si offendano per l’usurpazione del titolo di questo articolo, ritengo che sia giunto il momento di dire “quattro parole” circa, appunto, i (massimi) sistemi della giustizia sportiva e della giustizia ordinaria;  che,  fra poco, ci inonderanno di sentenze e decisioni  di importanza estrema, non solo per i diretti interessati coinvolti  (Moggi, Juve, Inter, Moratti, Facchetti, ecc.) ma per tutto il movimento calcistico italiano (e,  probabilmente, per  via indiretta, anche internazionale).
Non starò certamente a tediarvi illustrandovi le  strutture, le composizioni, le competenze ed analoghi tecnicismi dei due sistemi di giustizia; preferisco evidenziarne i caratteri salienti  perché ciascuno possa farsi la migliore  idea possibile del valore dei rispettivi giudicati.


La giustizia sportiva
Chi, meglio di un giudice (sportivo) poteva sintetizzare il carattere peculiare della Giustizia (sportiva) che egli stesso amministra?
Dopo le sentenze di condanna della Juventus, un giudice (Piero Sandulli), dichiarò: “Non c’erano illeciti, era tutto regolare, le violazioni sono state “etiche”, comportamentali…”.
Ma, allora, come si spiega l’affossamento della Juventus?
Ecco come: un altro giudice, infatti, dichiarò: “Abbiamo cercato di interpretare un sentimento collettivo ed abbiamo provato a metterci  sulla lunghezza d’onda”.
Ricordo, solo per dare un folcloristico esempio, che,  all’epoca, andava molto di moda una t-shirt con in bella evidenza la scritta: “Rubentus” (ovviamente: invece che “Juventus”).  Questo era “il sentimento comune” sulla cui lunghezza d’onda la giustizia sportiva sentenziò.
Questi erano, nel 2006, e sono ancora oggi, i canoni, le regole, i criteri che si utilizzano nella giustizia sportiva.

La giustizia ordinaria (civile e penale)
Viene amministrata:
-   “in nome del popolo italiano”  (con questa frase, infatti, cominciano le sentenze che vengono emesse; ma, attenzione, è cosa ben diversa dal dire “secondo la volontà popolare”);
-   applicando il principio  cardine del sistema: “La legge è uguale per tutti”;
-   utilizzando tempi biblici.
1 - “In nome del popolo italiano”, appare, ormai,  alquanto astruso; c’è, infatti,  chi,  ormai, dubita che si possa ancora parlare di “popolo italiano” ( vero Bossi, padre e figlio?). E c’è chi,  ormai,  dubita che alla maggior parte dei giudici, interessi alcunché del popolo italiano, attenti,  come sono , ad amministrare i propri interessi finanziari e politici (vero De Magistris? Vero Narducci? e ci fermiamo, per carità di Patria e perché lo spazio non basterebbe);
2 - “La legge è uguale per tutti”. Certo, tutti vediamo che questo principio, esposto solitamente alle spalle dei Giudici ma di fronte al pubblico ed alle televisioni, fa bella mostra di sé nelle aule giudiziarie. Peccato, però, che tutti lo vedono, lo leggono e se ne ricordano;  tranne i Giudici;  i quali, (perciò ?) non raramente, se ne dimenticano…
3 - I tempi dei giudizi. Sono pluriennali; quando va bene, occorre un lustro per arrivare a sentenza; tant’è che, ormai, per pudore, nel nostro Paese nessuno più parla di “certezza del diritto”; neppure nelle aule universitarie. Perché, sempre più spesso, interviene, prima della sentenza, un’altra “certezza”: quella della morte degli interessati (talora, interviene la prescrizione, che è sempre una morte: quella della giustizia).
Si dice, spesso, che il grado di civiltà di un popolo si ritrova, in primis, nel proprio sistema di applicazione della “Giustizia”.
Credo non sia necessario aggiungere altro.

Aldo