mercoledì 30 marzo 2011

Moderno martire sportivo

C’è un uomo 46enne, che vive alla periferia di Liegi, in Belgio. Ha una moglie e due figli, ma viene praticamente costretto a vivere lontano da loro, per paura di perdere il diritto al sussidio pubblico. Non ha un lavoro, nemmeno saltuario, ed è stato dimenticato da tutti: è uscito miracolosamente dal tunnel dell’alcol e ora tira avanti solamente grazie appunto a un sussidio statale di meno di 700 Euro al mese.
            Eppure quest’uomo per lo sport europeo, e per il calcio in particolare, è stato probabilmente il giocatore più importante degli ultimi vent’anni: forse più di Nedved, Stankovic o Seedorf (giusto per fare degli esempi), se non altro perché molto probabilmente questi ultimi tre, se non fosse stato per lui, non sarebbero mai venuti a giocare in Italia.
            Sto parlando di Jean-Marc Bosman, proprio quello della famosa Sentenza Bosman, che il 15 dicembre 1995 sancì la possibilità per i calciatori professionisti aventi cittadinanza dell'Unione Europea di trasferirsi gratuitamente a un altro club alla scadenza del contratto con l'attuale squadra – il vero punto di svolta del cambio del potere contrattuale tra società e calciatori. Fateci caso: da quel periodo in avanti gli ingaggi dei calciatori si sono moltiplicati.
            Dopo tanti anni di silenzio, Bosman ha deciso di vuotare il sacco e ha rilasciato un’intervista al quotidiano UK The Sun. Alcuni virgolettati riportati dai maggiori siti italiani di informazione sportiva sono molto duri e critici nei confronti dell’ambiente. L’ex calciatore belga avrebbe infatti dichiarato: “È stata molto dura perché sono l’unico ad aver pagato. Con quello che ho incassato da quella sentenza pagherei un solo giorno dello stipendio di Wayne Rooney. Tutti i soldi sono stati mangiati dagli avvocati e dalle spese processuali”.
            La parte più brutta delle sue dichiarazioni, quella che si riferisce all’escalation di avvenimenti che fa di Bosman una sorta di martire moderno dello sport, sotto un certo punto di vista recita così: “Sono finito in depressione e ho cominciato a bere. Stavo sempre in casa e bevevo di tutto, birra o vino […] Voglio solo che mi sia riconosciuto il merito di ciò che ho fatto: la gente deve sapere che esiste una legge Bosman, ma esiste anche un ragazzo che per quella legge è diventato un alcolizzato”.
            Persino l’idea della partita d’addio è tramontata e Bosman ha dovuto accontentarsi di un match contro il Lille, davanti a meno di duemila anime.

            Gonfio, grasso, pelato e triste, Jean-Marc Bosman sembra un’altra persona rispetto a quella che ha battagliato e vinto in tribunale per i propri (e dei colleghi) diritti professionali.
L’odissea di Bosman inizia nel 1988 quando il belga, dopo aver giocato per anni nello Standard Liegi, la sua squadra del cuore, passa all’RFC Liegi. Alla fine del contratto, però, nel 1990, la società si rifiutò di rinnovargli la fiducia e Bosman si ritrovò senza un lavoro. Provò quindi ad offrirsi ad alcune squadre francesi, tra cui il Dunkerque: sembra impensabile ora se si considera la situazione degli svincolati, ma l’RFC Liegi gli rifiutò il trasferimento. Eh sì, allora si poteva: non ti rinnovavano il contratto (ergo, non prendevi soldi), ma potevano impedirti di passare ad un’altra squadra! Bosman decise di portare il caso in tribunale, giocando nel frattempo nelle serie minori (dilettantistiche) francesi e addirittura sull’isola di Reunion, nell’Oceano Indiano, pur di sbarcare il lunario.
            Quando tornò in patria aveva ormai addosso l’etichetta di “giocatore a rischio”: trovò, sì, un ingaggio, con lo Charleroi, ma la paga era inferiore al minimo sindacale, appena 650 sterline al mese. Due anni dopo lo Charleroi decise addirittura di non pagarlo più! Lui resistette a tutta prima, giocando per il divertimento, ma, come si sa, il divertimento non paga le bollette, e Bosman dovette ritornare a Liegi.
            A casa fu pure costretto all’umiliazione di trasformare il garage di casa dei suoi genitori in un monolocale, dove visse per addirittura due anni. Per tutta la durata di questi due anni, il suo avvocato e procuratore lo propose a tutti i club belgi, ricevendo sempre un NO come risposta. L’etichetta di “scomodo” che si era guadagnato per la sua battaglia in tribunale gli aveva segnato irrimediabilmente la carriera.
            Da lì poi la storica vittoria in tribunale del ’95 e la conseguente caduta nel tunnel della depressione e dell’alcolismo, due avvenimenti strettamente collegati: La pressione attorno al mio caso è stata enorme. La Comunità Europea non voleva accusare il sistema, il mio avvocato sapeva che mi avrebbero fatto sputare sangue e mi disse che potevo fermarmi quando volevo, ma era una faccenda importante e sono andato avanti. In genere, quando vinci in tribunale ti senti libero, ma la stampa belga mi si è scatenata contro: sono finito in depressione e ho cominciato a bere sempre di più”.
            Ricoverato in ospedale nel 1997, sull’orlo del precipizio, Bosman ha avuto la forza di aggrapparsi alla vita e chiede ora un po’ di riconoscimento: “La mia vittoria nel processo Bosman è stata enorme, ma la vittoria più grande è stata quella contro l’alcool. Dovrei essere il giocatore più famoso del Belgio, ho il mio posto nella storia e ho combattuto a lungo per conquistarlo, ma nessuno mi conosce. Non voglio aver fatto tutto questo per niente. Sono felice che ora i miei colleghi guadagnino un sacco di soldi, non sono geloso di questo e ho dato la mia carriera affinchè non fossero più trattati come degli schiavi. Voglio solo che il merito mi sia riconosciuto e che la gente sappia che come esiste una legge Bosman esiste anche un ragazzo che per quella legge ha dato tutto e che per questo è diventato un alcolizzato”.

E invece è possibile

Lo sport è l'unico spettacolo che, per quante volte tu lo veda, non sai mai come andrà a finire.
Neil Simon



Capita a tutti di prendere un granchio, di sbagliarsi. Soprattutto capita a chi si esprime, a chi prende posizione. Io che scrivo non ho certo la presunzione di avere la verità ricevuta su quello che scrivo, soprattutto se si considera l’argomento, lo sport, davvero qualcosa di difficile da prevedere a volte: ho semplicemente il piacere di dire la mia su un argomento che mi piace e che seguo quotidianamente, ma qualche volta il fatto di prenderci può certamente rappresentare un piacere in più.
E invece ritrovo a commentare un mio errore: giudicavo una “missione impossibile” il ribaltamento della serie di Eurolega da parte della Montepaschi Siena ai danni dell’Olympiacos Pireo, dopo che la Gara1 era finita 89-41 in favore dei greci. È successo invece proprio quello che ritenevo impossibile, e cioè che tale stangata sia stata un eccezionale siero motivante per la truppa di Pianigiani, che ha vinto di 17 Gara2 ad Atene (vittoria storica: chissà da quanto tempo un’italiana non vinceva con uno scarto simile in Grecia…), grazie anche a una difesa a zona che ha mandato in tilt l’attacco dei fenomeni di Ivkovic.
Poi in Gara3, la squadra è stata trascinata alla vittoria da Moss, Kaukenas, Lavrinovic e soprattutto Marko Jaric, un giocatore giudicato non al top della forma ed arrivato solo per dare una mano a Zisis a tappare il buco per l’infortunio di McCallebb: beh, ieri sera ne ha messi a referto 24, con 10/11 dal campo e il 100% dai tiri liberi. Dall’altra parte, troppa confusione tra gli esterni (l’Olympiakos ha 3 play leggendari, ma chi si prende la squadra nelle mani nei palloni importanti?), troppi errori con tiratori open e anche una difesa troppo leggera per questo livello.
E invece è possibile: sì perché adesso Siena è sopra 2-1 e Gara4 ce l’ha in casa. E allora non è semplicemente possibile, ma addirittura probabile! Ci sbilanciamo di nuovo, preferiamo rispettare il fattore campo: cioè Siena se vuole andare alle Final Four deve vincere Gara4. No way che vai a vincere Gara5 al Pireo…

giovedì 24 marzo 2011

Nole n°2

È ricominciata la stagione di tennis, dopo il classico antipasto dell’Australian Open, e non me ne sono ancora occupato?
            A Indian Wells, nel deserto californiano, proprio dove deviano l’acqua del Colorado per giocare a golf anziché per far crescere il grano nei campi, ha trionfato Djokovic, sicuramente il più in forma al momento. Momento che però dura da un bel po’, dato che il serbo non ha ancora perso un singolo incontro nel 2011, e ha recentemente vinto sia in Australia che con la sua nazionale in Coppa Davis.
            Djokovic ha battuto in finale Nadal ed è così salito al numero 2 della classifica mondiale ATP (proprio dopo il maiorchino), e chissà che non possa ambire anche alla prima piazza, considerando che Federer mostra qualche minimo segno di incostanza mentale (forse mancanza di fame? Beh se così fosse sarebbe quanto meno naturale) e che Nadal avrà presumibilmente molti punti da difendere durante l’imminente stagione sulla terra rossa – bisognerebbe andare a controllare con la calcolatrice…
            Contenti per Djokovic, non solo un campione di tennis, ma anche, per una volta, un campione che riesce a non prendersi troppo sul serio e capace di far ridere il pubblico. Chiaramente certe cose riescono più facili quanto sei multimilionario, ma insomma…

Un articolo interessante sull’andamento della finale di Indian Wells:

Mission: impossible

C’erano già ampie indicazioni dagli ultimi anni (un club italiano non arriva alle Final Four di Eurolega dal 2008, Siena battuta in semifinale dal Maccabi; la precedente addirittura era nel 2004, la Skipper Bologna dominata in finale dal Maccabi a Tel Aviv), ma la partita di Gara1 dei quarti di finale svoltasi al Pireo tra i finalisti uscenti dell’Olympiakos Atene e la Montepaschi Siena ha sottolineato con una forza immane come il livello medio di competitività della pallacanestro italiana sia sceso ai minimi livelli storici.
            La squadra che in Italia non solo vince, ma domina il campionato ininterrottamente da 5 stagioni (questa inclusa) è stata spazzata via 89-41. Una sconfitta talmente pesante da non poter essere quasi analizzata attraverso le cifre, ovviamente tutte spaventosamente a sfavore degli uomini di Pianigiani (sottolineo solo il parziale all’intervallo: 47-9!): ciò che conta è che Siena è stata surclassata dal punto di vista dell’intensità, una delle armi che da sempre è il suo marchio di fabbrica in Italia, ma che quando ci si trova in ambito europeo non sempre riesce a volgere a suo favore.
            Non valgono a nulla le assenze e le non ottimali condizioni fisiche di alcuni uomini fondamentali (McCallebb e Kaukenas): una prova di così scarso livello è difficile da metabolizzare. Compito di Simone Pianigiani sarà riuscire a trasformarla in energia positiva: in fondo Gara2 è stasera…
            Pronostico per la serie? Mission: impossible.

Gli highlight di Gara1: http://battlesport.it/video/olympiakos-siena-89-41-euroleague

martedì 22 marzo 2011

Uno sguardo sulla F1

Riparte tra pochi giorni ormai la Formula 1, da Melbourne: e allora vi riporto alcune righe ben scritte e interessanti. Eccovele...



Siete stati in letargo finora e volete sapere cosa vi aspetta nel mondiale di Formula 1 che va a cominciare? Ecco una guida completa.

Polemiche invernali
La Red Bull è oggetto di una polemica finanziaria: i team avversari li accusano di aver speso ben più di quanto stabilito dall’accordo sui limiti di budget. I diretti interessati rispondono quasi con scherno, affermando che è normale siano al centro dell’attenzione, in quanto protagonisti e campioni in carica.

Vettel in Ferrari?
A ruote ferme c’è tempo per sognare ad occhi aperti, per illudersi e per innervosirsi. E’ quanto accade attorno a Sebastian Vettel, “colpevole” di aver dichiarato di non essere insensibile al fascino della Ferrari. Accanto a questa affermazione si scatena il pandemonio: Marko si affretta a bollare le sue dichiarazioni come “stupide”, Montezemolo dichiara che vuole, in futuro, un pilota proveniente dalla Ferrari Driver Academy. La stampa ed i soliti opinionisti gettano benzina sul fuoco e si arriva ai primi test, quando l’accensione dei motori spegne le illazioni e Vettel dichiara semplicemente che avere il proprio nome nella lista dei piloti Ferrari è qualcosa di speciale per un pilota. Le voci vengono messe definitivamente a tacere quando Vettel firma per la Red Bull fino al 2014, un paio di settimane prima dell’inizio del mondiale.

Nuove regole
Tanta carne al fuoco per la stagione 2011 oltre ai soliti ritocchi a proibizioni e concessioni aerodinamiche.
- ritorna il limite del 107% in qualifica, probabilmente sarà superfluo: già verso la fine della stagione 2010 i nuovi team erano in grado di avvicinarsi a sufficienza ai team tradizionali per superare abbondantemente questa tagliola.
- i giochi di squadra saranno di nuovo possibili, tuttavia la FIA si riserva il diritto di intervenire e, tanto per lasciarsi spazio d’azione, incrementa la sanzione massima applicabile da 100.000 a 250.000 Euro.
- addio all’F-Duct, ritorna il KERS;
- il cambio dovrà durare cinque gare e non quattro;
- viene imposto un coprifuoco nei box dalla mezzanotte alle sei, ore nelle quali non si potrà intervenire sulle monoposto;
-abolita per il pilota la possibilità di regolare l’ala anteriore.

Ma le due novità destinate a creare più spettacolo (forse) e polemiche (certamente) sono l’ala posteriore mobile ed il cambio di fornitore unico di pneumatici.
L’ala posteriore mobile
- Un’innovazione regolamentare che parte con il piede sbagliato: tra mille tentennamenti, l’ostracismo della maggioranza dei piloti e la riserva di essere bandita, se il suo funzionamento risultasse troppo o troppo poco efficace.La sola descrizione del suo funzionamento fa comprendere quanto questa soluzione sia artificiale: non è semplicemente un’ala che ad un comando del pilota può cambiare inclinazione per fornire maggiore velocità, troppo banale, la FIA ha posto un numero tale di vincoli da farlo sembrare un disegno di legge parlamentare.
L’ala potrà essere usata solo:
- se il pilota che segue è a meno di un secondo da quello che vuole sorpassare…ma non nei primi due giri…a meno che non ci sia una safety car;
- potrà essere utilizzato solo in un rettilineo designato da Whiting e per una lunghezza massima di 600 metri;
-la soluzione verrà abbandonata se si dimostra impraticabile o se genererà troppi sorpassi.
Le prime reazioni di piloti e team sono state generalmente negative: chi sostiene che 600 metri siano pochi, chi dice che non ci saranno più sorpassi di prima, chi invece teme che ce ne saranno troppi, paventando l’ipotesi che la posizione migliore sarà quella di essere secondo all’inizio dell’ultimo (o penultimo) giro per poi effettuare in sicurezza il sorpasso vincente senza temere di essere ripassati.
Le gomme
- Dopo una presenza ininterrotta dal 1997 ed un regime di fornitore unico dal 2007, la Bridgestone lascia la scena all’italiana Pirelli, travolta dalle polemiche dopo i primi test.Nel 2010 il comportamento delle gomme era votato alla durata ed alla costanza di rendimento, unica eccezione il GP del Canada, quando un decadimento precoce della mescola più morbida ha fornito una gara spettacolare.
Questo episodio è rimasto talmente ben impresso ai dirigenti del circus da chiedere alla Pirelli espressamente di creare delle gomme che non durino più di 100 km, cioè un terzo di corsa.
Logica quindi la reazione di team e piloti quando si sono trovati di fronte delle gomme dal rendimento incostante, imprevedibile e dalla durata ridotta. Logica anche la reazione della Pirelli, che rimbalza le accuse alla FIA e sostiene di aver operato come richiesto.
Gli altri cambiamenti regolamentari impallidiscono di fronte alla variabile gomme, in grado di stravolgere tutte le dinamiche delle gare: dai test emergono ipotesi di gare a quattro pit stop, poiché il degrado può arrivare a manciate di secondi al giro.


Prospettive piloti/team

Red Bull – Vettel – Webber: partono come favoriti non solo per il dominio velocistico mostrato nella seconda parte del 2009 ed in tutto il 2010, stagione in cui il mondiale potevano solo perderlo per una serie lunghissima di errori e guasti: nei test si sono mostrati a tratti velocissimi ed a tratti sornioni. In molti pensano che abbiano girato spesso con un discreto carico di benzina per spiazzare gli avversari.
Vettel all’interno del team è più favorito che mai: pupillo di Marko e fresco neocampione, si trova davanti un Mark Webber che ha dilapidato la leadership mondiale nelle ultime gare del 2010, che rinnova la sua presenza in F.1 di anno in anno e che in un libro ha rivelato di aver nascosto al team una frattura nella seconda parte del mondiale perso. Tutto questo non può certo favorire un pilota a cui già nel 2010 toglievano parti della vettura per darle al giovane compagno di team…

McLaren – Button – Hamilton: per la presentazione della vettura in McLaren hanno scelto la strada dell’originalità, facendo assemblare lo scheletro della monoposto da vincitori di un concorso. Questo assemblaggio improvvisato pare sia essere stato un cattivo presagio: una vettura messa insieme così approssimativamente non può che avere dei problemi. Ed infatti i test sono stati un calvario, impedendo costantemente ai piloti di portare a termine i loro programmi. Alla vigilia di Melbourne sono ancora alle prese con cambiamenti radicali da testare.

Ferrari – Alonso – Massa: dal punto di vista prestazionale sono i primi dietro alla Red Bull ed Alonso - come al solito - fa da dinamo al team con la sua incrollabile motivazione. L’affidabilità sembra esserci, le preoccupazioni sulla durata delle gomme destano qualche grattacapo nel caso di Alonso (abituato a guidare con molto sottosterzo, indigesto per le Pirelli), mentre Massa giura che proprio per le gomme potrà rifarsi di un 2010 in cui le Bridgestone lo hanno affossato.

Mercedes – Schumacher – Rosberg: a parole partivano per vincere gare e mondiale, a mano a mano che procedevano i test hanno cominciato ad accantonare i sogni mondiali, quindi le vittorie per giungere alle catastrofiche dichiarazioni di Haug: “se si corresse un GP adesso (metà febbraio) non riusciremmo ad entrare nella top-10″. Sia Rosberg che Schumacher si sono lamentati della W02 e le prospettive sembravano fosche.
Si sono risollevati parzialmente dopo gli ultimi test di Barcellona, nei quali hanno sfornato una notevole quantità di miglioramenti ed hanno fatto registrare buoni tempi.

Renault – Kubica – Petrov: l’innovazione più vistosa, e probabilmente più efficace, l’hanno portata loro: gli scarichi molto avanzati che soffiano verso il posteriore per dirigere ulteriori flussi aerodinamici verso il retrotreno. Ma ad inizio febbraio, immediatamente dopo aver messo a segno il miglior tempo nei test di Valencia, la tegola: Kubica rischia la vita e l’amputazione di un braccio in seguito ad un incidente in un rally. Un disastro: la Renault di fatto correva con un solo buon pilota, Kubica, mentre l’altro, Petrov è praticamente un finanziatore del team, che porta dietro a sè mezza Russia, Putin in testa. Con tutti i migliori piloti ovviamente già accasati, la scelta è stata inevitabilmente un ripiego: Heidfeld. Il tedesco è sì ex-collaudatore della Pirelli (esperienza) ed è prossimo ai 200 GP (esperienza), ma di fatto non lo si ricorda per nessuna prestazione di grido, anzi, è conosciuto per essere il recordman di secondi posti e podi senza vittorie. Gli scaramantici sono avvertiti.

Williams – Barrichello – Maldonado: freschi di quotazione in borsa, hanno messo a segno con Barrichello il miglior tempo nel corso di uno dei giorni di Jerez. Alla luce della suddetta operazione finanziaria, quell’acuto in mezzo a tanta mediocrità suona come uno spot pubblicitario. Maldonado, la cui tuta emana i forti odori dei “Petroleos de Venezuela”, sponsor “governativo”, resta nell’anonimato fino all’incidente del secondo giorno di Jerez, per il resto: non pervenuto.

Force India – Suti – Fi Resta: dovrebbe essere una stagione di consolidamento verso l’alto, a conferma delle discrete prestazioni del 2010: Sutil è lì per questo. Più azzardata la scelta di Di Resta: per assoldare il campione DTM il team potrebbe essere costretto a pagare Liuzzi, licenziato anzitempo, che si farebbe quindi una vacanza pagata. Di Resta si presenta bellicoso, mettendosi subito contro ai suoi due connazionali campioni del mondo, Button ed Hamilton: “loro hanno avuto vita facile, io ho dovuto fare la gavetta”. Queste in sostanza le parole di Di Resta, che ha aggiunto proditoriamente: “quando hanno vinto i loro titoli io non c’ero”.

Sauber – Kobayashi – Perez: i soldi di Perez di sicuro potranno fare bene al team, anche se è ben noto il “braccino corto” di Peter Sauber, storicamente abituato a sviluppare la vettura per metà stagione e per l’altra metà a fare cassa. Kobayashi ha fatto un po’ di show nel 2010, ma è anche stato uno dei piloti con più incidenti.

Toro Rosso – Buemi – Alguersuari: se si esclude la parentesi Vettel, la Toro Rosso ha di fatto sempre ricoperto il ruolo che fu della Minardi: fanalino di coda e fucina di nuovi talenti (l’una cosa dipendente dall’altra), ma forse una svolta è alle porte. Buemi ed Alguersuari non sono più di primo pelo e la vettura pare in crescita. Ma con una testa calda come Helmut Marko tra i piedi (in teoria alla guida, dipende dai punti di vista), il team sembra votato più alla guerra intestina che ai progressi: Marko ha minacciato di impiegare Ricciardo al posto dei titolari se questi ultimi si rivelassero lenti ed Alguersuari mette subito l’elmetto dichiarando: “ci sarà guerra tra me e Buemi quest’anno, perché c’è in palio un posto in Red Bull per il 2012″.

Lotus, HRT, Virgin: sembra che per un altro anno dovranno fare un campionato a sè: la sola Lotus pare in grado di crescere ed avvicinarsi ai vecchi team, sempre che la causa per l’utilizzo del nome contro la Renault non li distragga troppo dagli impegni della pista.

Pubblicato da Michele Merlino sul blog Passione Motori, disponibile alla seguente URL: http://passionemotori.wordpress.com/2011/03/22/preview-della-stagione-2011-di-formula-1/

L’Inter mette la freccia

Flashback: venerdì 11 marzo il Brescia ferma abbastanza clamorosamente l’Inter sull’1-1, rischiando addirittura di battere i nerazzurri con un calcio di rigore al 90’ (poi parato da Julio Cesar). Due giorni dopo c’è Milan – Bari (la prima contro l’ultima): i rossoneri vincendo in casa andrebbero a +7 sui cugini e tanti saluti. Molti già vedono un campionato chiuso…
E invece questo weekend l’Inter ha messo la freccia: ora è a -2 dal Milan e alla ripresa del campionato ci sarà un attesissimo derby in cui l’Inter parte nettamente favorita per superare il Milan e passare in testa al campionato.
Favorita per diversi motivi, psicologici in primis: vincere aiuta a vincere, e in casa Inter sembra essere tornato un certo spirito condottiero. Anche per motivi squisitamente tecnici: si è ribaltata la situazione di ottobre-novembre. Ora è il Milan ad avere giocatori infortunati (Ambrosini, Pirlo, Inzaghi), fuori condizione (Cassano, Boateng, Pato dovrebbe farcela per il derby ma chissà se sarà al 100%), indisponibili (Ibra), mentre l’Inter (che comunque è tuttora priva di giocatori come Samuel e Milito, mancherà anche Lucio) ha recuperato o acquistato giocatori importanti e soprattutto presenta i giocatori più importanti in buona se non ottima forma, Eto’o su tutti.
Poi le storie da derby: il saluto tra Leonardo e Gattuso nel sottopassaggio; il primo derby di Cassano e Pazzini, titolari in Samp e Nazionale, il 2 aprile avversari; più in generale un Inter-Milan che per la prima volta da anni sembrerebbe contare davvero per capire chi vincerà lo scudetto.

giovedì 17 marzo 2011

Appesi all'Inter

Come ricordato qualche post fa, e come confermato dai fatti, l’Italia del calcio resta appesa all’Inter per quanto riguarda le sue speranze di gloria in Europa. Fuori Milan e Roma agli ottavi di Champions, fuori anche il Napoli dall’Europa League, restano ancora una volta i nerazzurri l’unico club a rappresentare il Belpaese nelle coppe europee.
Alcune prestazioni maiuscole, una smisurata dose di fortuna e un grande cuore sono stati gli elementi alla base della storica vittoria dell’Inter per 2-3 all’Allianz Arena di Monaco contro un Bayern sprecone e non abbastanza concentrato – l’allenatore è già stato ufficialmente non confermato per la stagione prossima…

Segnalo un commento sulla partita da me in gran parte condiviso:
http://sportemotori.blogosfere.it/2011/03/inter-da-sogno-c-come-capolavoro-e-come-culo.html

martedì 15 marzo 2011

Flight 75

James Flight 75 White si è rinsaldato come il migliore in materia di schiacciate, un personaggio che non ha davvero niente da invidiare ai fenomeni d’oltreoceano. In finale una schiacciata staccando dalla lunetta, come fecero Julius Erving e Michael Jordan (tra gli altri), e una schiacciata in cui ha levato i piedi da terra all’altezza dal gomito dell’area, cambiando inoltre mano concludendo con l’affondo mancino. Fate 120 su 120 possibili. Se poi gli veniva il sottogamba con stacco dalla linea del tiro libero, potevano smettere di fare la gara delle schiacciate ogni anno.
Ottima pubblicità per il campionato italiano di basket quindi, però due parole vanno spese per tutti i partecipanti della gara delle schiacciate: EJ Rowland ha schiacciato saltando un’Harley Davidson ricevendo il passaggio da Hawkins che con l’altra mano messaggiava sul cellulare, mentre il nostro Jeff Viggiano ha schiacciato dopo aver ricevuto la palla da Moraschini, posizionatosi sugli spalti; infine Ibby Jaaber che ha dovuto improvvisare per sostituire Sanikidze, infortunatosi nel corso del primo tempo dell’All Star Game.
La finale della gara delle schiacciate: http://www.youtube.com/watch?v=0St40SsznuU
Per quanto riguarda invece il match tra azzurri e stranieri della Serie A, vittoria facile di 2 (90-88) praticamente allo scadere per l’Italia (priva dei big three americani), grazie a un lay-up mancino di Datome, tra i migliori, dopo un ottimo servizio in avvicinamento di Hackett. Ottime le prove anche di Melli e Mancinelli per i nostri.
Le fasi finali della partita: http://www.youtube.com/watch?v=reCde1rNiB4&feature=related

Un paio di magie

Voglio sottolineare un paio di azioni personali che potremmo definire magie. Sappiamo tutti come sia difficile nel calcio odierno di alto / altissimo livello creare occasioni da gol: le squadre si chiudono, quasi tutti gli allenatori sono preparatissimi tatticamente e sanno mettere in campo delle formazioni organizzate, e anche i giocatori sono sempre più pronti ed esperti a fermare i dribbling avversari. Però qualche volta qualcosa va storto…
            Di due magie a difesa schierata voglio mostrarvi i video: due azioni personali che si svolgono all’interno dell’area di rigore, quando l’avversario ti si fa addosso con veemenza, e se anche riesci a superarlo, ce ne sono pronti altri 2 o 3 pronti ad aggredirti, e forse anche il portiere ad uscirti sui piedi.

Luiz Suarez
C’è voluto il tocco del campione uruguaiano Suarez per mandare in tilt la difesa del Manchester United ad Anfiled Road. Il neo acquisto del Liverpool, chiamato ai reds per rimpiazzare Fernando Torres, ha in generale dominato la partita e, in particolare, ha servito la più facile delle palle gol al compagno Dirk Kuyt (ma forse il pallone sarebbe entrato lo stesso), dopo aver dribblato 3 giocatori dello United. Aiutato da uno o due rimpalli, sì, ma non perde mai di vista il pallone, gli avversari e il controllo del corpo, e tutto davvero in un fazzoletto…
http://www.youtube.com/watch?v=U_UWXNXYKUc&feature=related

Franck Ribery
            Avversario meno prestigioso (l’Amburgo non è il Manchester United), momento della partita meno impegnativo (Robben aveva già fatto una tripletta, poi è finita 6-0)… Ma qui niente rimpalli, Ribery si inventa una danza dentro all’area di rigore, sul filo del fallo di fondo, che è un piacere per gli occhi. Il gol arriva per autogol di Westermann, ma l’azione del francese è da spellarsi le mani.
http://www.youtube.com/watch?v=bmG9EdTrUZg

lunedì 14 marzo 2011

A volte ritornano

E sempre a proposito di Arsenal e delle scelte discutibili per la rosa (nella metà campo difensiva): notizia di ieri, l’ex portiere tedesco dell’Arsenal Jens Lehmann è stato chiamato presso la sede dei gunners per negoziare un clamoroso ritorno a Londra.
L’Arsenal lo avrebbe chiamato – Lehmann è fermo da giugno 2010 – per firmarlo per 6 settimane, a causa della situazione difficile dei portieri nella rosa della prima squadra: con Szczesny e Fabianski out per infortunio, la porta dei londinesi è attualmente nelle non proprio affidabilissime mani dello spagnolo Manuel Almunia.
Jens, classe 1969, ha giocato dal 2003 al 2008 all’Arsenal, con cui ha vinto una Premier League, una F.A. Cup e disputato la finale di Champions League del 2006, persa a Saint-Denis contro il Barcellona di Ronaldinho ed Eto’o (ma poi segnò Belletti) dopo che proprio Lehmann si era fatto espellere dopo solo 18 minuti di gioco.
Non c’è limite al peggio…

domenica 13 marzo 2011

I soliti gunners

Da diversi anni l’Arsenal rappresenta una delle migliori scuole di calcio, caratterizzata da un grandissimo acume nell’individuazione di nuovi talenti sia in Regno Unito che nel resto d’Europa. Non solo: il calcio espresso dai gunners è da molti anni ormai tra i più belli del continente, sicuramente grazie alla filosofia di Arsène Wenger, guru del club di Londra che per primo ha predicato il gioco palla a terra nella patria del palla lunga e pedalare.
Però vincono davvero troppo poco per essere da quasi 20 anni ai vertici del calcio inglese; sono 5 anni che non vincono niente, e inoltre da alcuni anni questi gunners, giovani e talentuosi, non riescono a crescere definitivamente – storica la battuta al pepe di Patrice Evra, terzino francese dello United, dopo un sonoro 1-3 nella semifinale di ritorno di Champions di 2 stagioni fa: “Oggi è stato 11 uomini contro 11 bambini (…) Oggi nel calcio non conta giocare bene, conta vincere trofei”.

In più perdono tutti gli obiettivi stagionali nel giro di pochi giorni. Ed è proprio quello che sta succedendo nella stagione in corso, ecco un breve resoconto:
-          Carling Cup: sconfitti in finale da favoriti, e in che modo! Il gol di Martins all’89’ che ha condannato i gunners arriva per via di un errore clamoroso di Koscielny, o comunque di un’incomprensione tra lui e il giovane portiere Szczesny;
-          Champions League: il peggior accoppiamento possibile, okay, però era lecito aspettarsi qualcosa di più a Barcellona da parte dei gunners, considerando che hai a disposizione calciatori come Fabregas, Nasri, Arshavin, Van Persie, Walcott, Rosicky, Chamakh, Bendtner… Insomma il gol della speranza l’hai fatto su calcio d’angolo, e, anzi non l’hai neanche fatto tu, te l’hanno fatto i tuoi avversari (il difensore del Barcellona Busquets)! Davvero, troppo poco;
-          Premier League: beh, qui il margine è ancora abbastanza ampio, non si può parlare di obiettivo sfumato, però se devi rimontare dei punti al Manchester United di quest’anno (la prima sconfitta in Premier l’hanno subito a febbraio i red devils) non puoi fallire quasi mai, tanto meno non puoi pareggiare 0-0 in casa contro il Sunderland quando i tuoi rivali raccolgono 0 punti ad Anfield Road. Insomma, una grande occasione persa, trovatemi una persona che scommetta sulla vittoria dell’Arsenal in Premier League…
-          F.A. Cup: fuori ai quarti di finale, proprio contro gli arcirivali di Manchester. All’Old Trafford è finita due a zero per gli uomini di Sir Alex Ferguson, che una volta di più hanno dimostrato più maturità, di avere più punch nel momento in cui conta, nelle sfide dirette.

Insomma, anche questa stagione sembrerebbe sia già scivolata via dalle mani di Wenger: chissà se quest’estate riuscirà a trattenere tutti i pezzi pregiati e a sviluppare una certa mentalità nei suoi. Oh poi qualche difensore di esperienza non farebbe proprio male…

Che bello battere i cugini!

Vincere contro la Francia o in Francia ha sempre un sapore speciale, una sorta di derby. Dalla prima partita ufficiale dell’Italia di calcio (datata 1910) alla vittoria dell’oro europeo dell’Italia del basket nel 1983 a naturalmente la vittoria della finale del mondiale FIFA 2006 in Germania… Tutte tappe storiche dello sport italiano.
E storica è stata anche la grande prestazione degli azzurri del rugby contro i galletti al torneo Sei Nazioni: l’Italia ha battuto la Francia 22-21, al termine di uno scontro davvero tirato e di altissima intensità.
Nelle interviste a fine partita, tutti i giocatori hanno sottolineato la prova del gruppo che non solo è stato protagonista di una rimonta clamorosa, ma ha anche difeso benissimo il vantaggio negli ultimi 15’ contro un avversario meno costante delle squadre anglosassoni (sempre a detta dei nostri nazionali durante il post-partita).
Per sottolineare le prestazioni di alcuni singoli, i nomi più citati sono stati quelli di Parisse, Lo Cicero, Castrogiovanni e i calci di Bergamasco che, dopo le critiche dell’ultima partita, ne ha messi un paio davvero non facili.
Gli uomini di Nick Mallett possono sorridere.

giovedì 10 marzo 2011

Champions League: il verdetto degli ottavi (parte prima)

Appesi ancora una volta alle fortune dell’Inter per le speranze nelle coppe europee delle squadre italiane. Ma se l’anno scorso i nerazzurri condussero una cavalcata storica, che li portò addirittura al trionfo finale, quest’anno la musica sembrerebbe essere diversa, a cominciare proprio dagli avversari (lo stesso Bayern battuto in finale al Santiago Bernabeu), capaci di recapitare agli uomini di Leo una sconfitta a domicilio nello scontro d’andata. Ma di Inter ci occuperemo nei prossimi giorni: ora due paroline sui primi verdetti degli ottavi di finale di Champions League.

Barcellona – Arsenal 3-1
Ci si poteva legittimamente aspettare un Arsenal migliore, specialmente visto come era andata finire all’andata (2-1 per gli inglesi). E invece il Barcellona ha davvero dominato, sia in 11vs11 che poi in 11vs10: ogni volta che l’Arsenal aveva il pallone non riusciva a tenerlo per più di una manciata di secondi, a causa del super-pressing alto dei blaugrana. Pochissime le occasioni per i gunners, che sono stati tenuti in linea di galleggiamento grazie a Nasri (il migliore dei suoi), che infatti si è guadagnato da solo il calcio d’angolo dal quale è nato il gol dell’1-1. Wenger farebbe meglio a non recriminare per il rosso a Van Persie (fiscale, certo, ma quando si applica il regolamento un arbitro non può avere torto) e a pensare a cosa può aver sbagliato, perché le armi per fare male al Barça ce le aveva. Dall’altra parte un grandissimo Barcellona, che come sempre si presenta pericolosamente in area avversaria un sacco di volte. Grandi in fase di recupero palla, bene anche la difesa nonostante l’assenza dei due centrali titolari (Abidal impeccabile, Busquets maldestro ma anche sfortunato in occasione dell’autogol) e tirata a lucido l’argenteria davanti con l’asse Iniesta-Messi a rompere gli equilibri. Si riconfermano i strafavoriti per la vittoria di questa competizione.
Il primo gol di Messi è l’ennesima perla del talento argentino, qui sotto il link:
http://www.youtube.com/watch?v=BTTSzT8-0bI&feature=aso.

Shakhtar Donetsk – Roma 3-0
Finisce in maniera quasi inevitabile l’avventura in Champions della Roma di quest’anno, e del resto già l’andata ci aveva fatto capire come sarebbe andata a finire, probabilmente. Un’annata davvero storta quella dei giallorossi, tra problemi societari, un gioco mai davvero brillante come gli anni scorsi, equivoci tattici e litigi in spogliatoio, il cambio d’allenatore e alcuni errori individuali. In Ucraina, la Roma ha preso un gol di tacco (palo-gol) e un gol quasi al sette a giro sul secondo palo, ma ha anche sbagliato un rigore con il quale poteva riaprire i giochi, ha giocato in 10 tutto il secondo tempo per l’irruenza di Mexes, ha regalato il terzo gol con uno scivolone di Rosi (in stile Riise partita d’andata) e ha anche evidenziato uno tra i peggiori De Rossi mai visti (forse arriverà anche la prova televisiva per lui). Insomma, troppi regali a questo livello si pagano. Regali concessi poi a una squadra che giustamente Ranieri aveva definito “signorissima” per sottolinearne la bravura: lo Shakhtar è una squadra ucraina, ma è pieno di brasiliani che sanno giocare dalla metà campo in su, c’è un vecchio volpone (Lucescu) in panchina. Gli ucraini non perdono in casa da 54 partite e l’impressione è proprio che non sarà facile per nessuno passare alla Donbass Arena.

Tottenham – Milan 0-0
Un solo gol in 2 partite, nello scontro più equilibrato e più avaro di emozioni (almeno per ora) degli ottavi di finale. Alla fine il gol in contropiede di Crouch dell’andata ha pesato, eccome. Il Milan ha giocato complessivamente meglio dei suoi avversari, ma non è riuscito a fare nemmeno un gol alla quinta forza della Premier League. In generale l’impressione è che il vantaggio che storicamente avevano le italiane nei confronti delle altre formazioni europee a livello tattico sia stato colmato negli ultimi anni, dalla presenza dei nostri migliori allenatori all’estero, dallo studio che è stato fatto nei confronti delle nostre armi storiche (in particolar modo dopo il Mondiale del 2006). Prendete Harry Redknapp: a guardarlo l’ultimo a uscire dal pub. E però il suo Tottenham ha giocato come il miglior Chievo, lasciando davvero pochi spazi ai rossoneri, che nonostante tanto talento là davanti non sono mai riusciti a metterla dentro. Ancora una volta si conferma l’incapacità di Ibra ad essere decisivo in Champions League come lo è in Serie A, o in generale vincente come lo è nei campionati nazionali (che vince ininterrottamente dal 2004, in 3 paesi diversi). A voler essere cattivi con l’attaccante svedese, si può dire: beh decisivo questa volta lo è stato, la palla che ha concesso a Lennon di involarsi all’andata l’ha persa proprio lui…

Schalke 04 – Valencia 3-1
Lo scontro meno affascinante si chiude con una piccola sorpresa: lo Schalke di Felix Magath, decimo e con parecchie difficoltà in Bundesliga, batte il Valencia e approda ai quarti di finale. No, Raul Gonzales Blanco non ha segnato, ma i tedeschi hanno comunque dimostrato una certa tranquillità nel gestire la situazione (era passato in vantaggio il Valencia con un gol abbastanza fortunoso: un colpo di testa non proprio volontario), anche grazie ai suoi giocatori di maggiore esperienza, Jefferson Farfan (ex PSV) su tutti.

Insomma, passano Barcellona, Shakhtar Donetsk, Tottenham e Schalke 04. A parte gli spagnoli non proprio delle squadre di primissimo livello, ma tutto sommato delle squadre che hanno espresso dei valori (chi più, chi meno) e coltivano ancora dei sogni di gloria. Ora aspettiamo gli esiti della seconda settimana.

sabato 5 marzo 2011

Il fake del momento: il video del Borussia Dortmund

Sta spopolando sulla Rete, con oltre 340mila visualizzazioni su YouTube. Non lo avete ancora visto? È il viral video del Borussia Dortmund, squadra che, nonostante stia dominando la Bundesliga in lungo e in largo, non è mediaticamente all’altezza delle grandi d’Europa. E forse è proprio per questo che questo video è stato girato, guarda caso proprio la settimana successiva alla vittoria dei giallo-neri all’Allianz Arena per 1-3.
            Il video però è palesemente il classico fake da Internet: il centrocampista Nuri Sahin calcia il pallone con il suo sinistro magico dalla porta anteriore del pullman del Borussia, in corsa su un’autostrada; il pallone rimbalza contro un ponte e rimbalza indietro di nuovo verso il pullman, dritto dritto tra le braccia del portiere Roman Weidenfeller che spunta dall’ultimo finestrino in coda al pullman…
            La voce di corridoio vuole che dietro al video ci sia la Seat. Effettivamente si nota molto bene (con tanto di zoom e primo piano) una Seat Ibiza in autostrada davanti al pullman che poi la supera.

Il video:

giovedì 3 marzo 2011

Il Gallo via dai Knicks

Ok, i Knicks hanno puntato decisamente sulle stelle e sul presente, piuttosto che sul futuro: due All-Star come Stoudemire e Anthony, in attesa di un play che possa prendere l'anno prossimo il posto di Billups (altro All-Star, ma in là cogli anni), ce li hanno in pochi, e tra l'altro stanno già dando i primi frutti (battuti ad esempio gli Heat a domicilio).
Ma il Gallo? Era meglio per lui restare alla corte di D'Antoni a NY, giocando fatalmente meno con l'arrivo di Melo, oppure migrare, come ha fatto, in un'altra squadra per imparare a diventare leader in prima persona? Alla Bargnani a Toronto, diciamo... (forse anche di più)
Beh alla prima ha fatto malino, alla seconda ha fatto 30 (anche se poi i suoi Nuggets hanno perso a Portland dopo il supplementare), poi è stato fermato dall'influenza. Il tempo ci dirà cosa è o sarebbe stato meglio per la sua crescita come cestista.

Intanto segnalo al riguardo queste poche ma interessanti righe dal blog Nuovo Indiscreto:

Carletto frena Sir Alex

Nel Magic Monday della 28esima giornata di Premier League, i Blues di Carlo Ancelotti battono in casa 2-1 i Red Devils di Sir Alex Ferguson, in un match aperto che si è deciso a 13’ dal termine, quando Smalling ha atterrato involontariamente un furbo Zhirkov che ha fatto passare il pallone tra le gambe del difensore in rosso per poi corrergli incontro: calcio di rigore, che lo zio Frank ha trasformato di potenza.
            Ferguson ha avuto modo di lamentarsi a fine partita per alcuni falli commessi dal centrale brasiliano del Chelsea David Luiz (autore del pareggio per i londinesi) su Rooney  (autore del gol del vantaggio per lo United) e Nani, quando sullo stesso difensore gravava già un cartellino giallo preso precedentemente. Per entrambi i falli il (secondo) giallo ci poteva stare benissimo: Ancelotti se n’è accorto e ha deciso immediatamente di cambiarlo, far entrare Bosingwa e spostare Ivanovic al centro.
            Ancora non si sblocca Fernando Torres, che da quando è al Chelsea non ha ancora segnato in 5 partite ufficiali giocate. Nonostante ciò la pericolosità offensiva del Chelsea sembra essere aumentata, chissà forse per la concorrenza interna che ha pungolato i senatori in maglia blu (vedi la doppietta di Anelka in Champions).
            Questa vittoria cambia però poco per i Blues in ottica Premier League: il primo posto è troppo lontano e con troppe squadra in mezzo. Il Chelsea è a – 12 dalla vetta (anche se lo United ha un match in più, quindi potenzialmente è un – 9), a – 8 dall’Arsenal (stesso numero di partite) e a – 2 dal City (che però ha una partita in più). D’altra parte lo ha dichiarato lo stesso allenatore italiano: “Siamo troppo lontani dal Machester United. Sarà difficile che loro perdano punti nelle prossime partite. Noi dobbiamo concentrarci su noi stessi e non guardare troppo avanti al futuro. Sembra impossibile essere così indietro, ma bisogna essere onesti: questa è la nostra posizione in classifica, e lo United ha giocato con più continuità rispetto a noi”.

martedì 1 marzo 2011

Il Napoli perde colpi

Il Milan batte nettamente il Napoli per 3-0 e allunga a +5 in testa alla classifica. Il Napoli gioca la peggior partita dell’anno, senza mai tirare in porta, né impensierire seriamente Abbiati. A parziale giustificazione degli uomini di Mazzarri si possono citare la stanchezza e la delusione per il match di giovedì contro il Villareal, l’assenza di Lavezzi (impresentabile Mascara) e il fatto che un ottimo Milan abbia comunque sbloccato il risultato grazie a un calcio di rigore contestato. Per i rossoneri grande prova di squadra, di forza di volontà: bene più o meno tutti, dai centrali difensivi (ha giocato Cavani?), a Van Bommel, da Boateng a un Pato extra-lusso. Sotto tono forse il solo Robinho, cui però De Sanctis ha negato un gol quasi fatto. Sabato c’è la trasferta a Torino contro una Juve ferita, altra tappa importante per mettere pressione ai cugini, che non possono sbagliare un colpo.
            Dopo la lotta scudetto, che ci sentiamo di poter limitare alle milanesi, c’è quella per il quarto posto. Favoritissima l’Udinese, non solo dai risultati delle sue avversarie dirette (Lazio, Juve e Palermo hanno perso, la Roma si è fatta rimontare per l’ennesima volta, in casa dal Parma), ma anche dal più generale stato di forma e dal gioco espresso, due fattori che vedono i bianconeri di Guidolin al vertice della Serie A, e pure da diverso tempo. Se togliessimo le prime 5 giornate di campionato (in cui Di Natale e soci hanno fatto 1 punto solo), l’Udinese sarebbe al secondo posto, con l’attacco migliore del campionato, ancora una volta il miglior marcatore (Di Natale) e il calciatore che a giugno sarà sicuramente al centro di un’asta pazzesca tra le big d’Europa: Sanchez.
El Niño Maravilla a Palermo è stato un incubo per la difesa dei rosanero: imprendibile, tecnica sopraffina a una velocità superiore per qualsiasi altro calciatore, addirittura qualche eco del miglior Ronaldo quando a tu per tu con Sirigu non si limita a piazzarla, ma decide di metterlo a sedere col doppio passo. Che avesse grandi potenzialità lo si era intuito anche negli anni scorsi, ma vederle messe in pratica in modo così devastante lascia esterrefatti. Naturalmente un grande merito va all’allenatore Guidolin, che ha trovato la formula giusta per far rendere al meglio le sue due stelle e in generale la squadra: difesa a 3 (l’Udinese non prende gol da 4 giornate), due uomini sulla fasce di grande tecnica e corsa che riescono a fare egregiamente entrambe le fasi (Isla a destra, Armero a sinistra), centrocampo folto ma dai piedi buoni (probabilmente anche Inler sarà venduto in estate e a peso d’oro) e davanti “attenti a quei due”.
Due parole anche per il modello di direzione dell’Udinese, che ogni anno spende 6 milioni di euro per gli osservatori in giro per il mondo, ampiamente ripagati se poi compra futuri fenomeni a due lire e poi li rivende a diversi milioni di euro. Un modello che altre società potrebbero cominciare a seguire.
Difficile il momento per Juve e Roma, che sembrano proprio non riuscire a dare un netto taglio alla crisi più o meno profonda che stanno attraversando. Le giornate al termine sono sempre meno e il quarto posto (fondamentale per entrambe le società per condurre una campagna acquisti di alto livello l’estate prossima) potrebbe diventare una chimera senza un’immediata inversione di tendenza.
Un ultimo accenno al Bologna di Malesani, altro allenatore tanto criticato a priori dalla piazza, che sta facendo invece esprimere la propria squadra al massimo. Certo, c’è quasi sempre bisogno di San Di Vaio per metter la palla dentro, ma i rossoblù sono solidi anche grazie a una campagna acquisti diversa dalle passate stagioni, che ha visto l’arrivo (o il ritorno) di diversi giocatori di livello o di buone speranze (Rubin, Cherubin, Garics, Perez, Krhin, Ekdal, Ramirez, Della Rocca, Meggiorini) e la conferma ad alto livello dei giocatori più importanti (Viviano, Britos, Portanova, Mudingayi, Di Vaio). Se poi Mutarelli si inventa assist alla Pirlo…

Passiamo ai gol più belli della giornata:

  1. Amauri
Sempre più chiaro che l’aria di Parma gli stia facendo bene, anche solo dal fatto che certi colpi non li provi neanche se non sei in fiducia. Il gol di Amauri è il “classico” gol di tacco su cross da destra (che amava fare il suo attuale compagno di reparto Crespo): si lascia sfilare il pallone tra le gambe e con il tallone del piede destro lo colpisce più forte che può, verso la porta di Doni. I problemi sono due: a) Amauri colpisce il pallone in volo e da una distanza di circa 12 metri dalla linea di porta (è più lontano del dischetto del calcio di rigore); b) la palla finisce nell’angolo basso lontano, imprendibile per Doni.
http://www.youtube.com/watch?v=Wjly174JdUA

  1. Ghezzal
Tanto bello quanto probabilmente inutile per le sorti del Bari (destinato alla retrocessione) il gol di Abdel Khader Ghezzal. Forse un po’ lenta la difesa viola a uscire sull’algerino dopo gli sviluppi di un corner per il Bari, ma sono più i meriti di Ghezzal che stoppa bene col destro, togliendo il tempo ai difensori avversari, e, anziché calciare col sinistro, opta per una punta-esterno destro. Ottima scelta: il tiro è forte e va al sette sul secondo palo, nulla da fare per Boruc.
http://www.youtube.com/watch?v=SYJCi4DS1bk

  1. Sanchez
Forse meritava più la punizione di Sneijder, forse il sinistro del Gila, forse il destro a giro di Pato. Abbiamo preferito premiare la cavalcata inesorabile di Sanchez, il perché c’è sopra in questo post. Dice: eh ma Sirigu doveva uscire… Già, perché, sarebbe cambiato qualcosa?
http://www.youtube.com/watch?v=C3uuB1BO1R0