
Nel precedente articolo della serie “Regole da cambiare”,
ci siamo soffermati sulla doppia
penalizzazione (rigore ed espulsione) che viene decretata per i falli in area
di rigore in caso di interruzione illecita di una “chiara occasione da rete”,
con riferimento, in particolare, a quanto verificatosi nel corso del recente Juventus-Roma.
Ebbene, sempre nel corso dello stesso incontro, è accaduto un altro particolare evento che ci dà lo spunto, ora, per mettere in
rilievo un altro aspetto regolamentare che crea non poche perplessità e disagio
in merito all'equità delle valutazioni arbitrali/televisive e conseguenti
penalizzazioni.
Ci riferiamo al caso dello sputo che il calciatore Lamela,
ha rivolto al collega Lichtsteiner;
sputo che, non rilevato dai direttori di gara, è stato oggetto di
valutazione da parte del giudice
sportivo, mediante il ricorso alla
“prova televisiva”: tre giornate di squalifica per Lamela; nulla per Lichtsteiner (autore dello
sberleffo provocatorio, verso Lamela, con indicazione del 4-0, come chiaramente
evidenziato nella stessa ripresa televisiva).
I lettori più attenti, avranno già intuito dove vogliamo
arrivare: perché penalizzare solo la “reazione” e non anche la “provocazione”?
Salvo errori di conoscenza, non ci risulta che nel
regolamento del gioco del calcio esista una norma specifica in tal senso: vengono, cioè, penalizzate solo
le “reazioni”, e non anche le “provocazioni”.
Tuttavia, poiché questa modalità di valutazione si ripete
ormai costantemente, dobbiamo necessariamente ritenere che, se proprio non esiste una regola scritta,
esistono, almeno, prassi,
raccomandazioni, decisioni, sentenze ed altro, che giustificano, nel mondo del
calcio l’adozione di questo criterio.
Che riteniamo iniquo. Quindi, da modificare in modo più
equanime, soprattutto quando si fa
ricorso alla “prova televisiva”.
Riteniamo, infatti, che penalizzare la “reazione”, senza valutare, e, in qualche modo,
penalizzare anche la “provocazione” non
corrisponda alla sensibilità vigente, nel nostro tempo, riferibile al “buon
padre di famiglia” (per utilizzare un criterio di riferimento, già in uso nel nostro Codice
Civile).
Ciò, riteniamo, vale soprattutto per le competizioni sportive:
dove il “comportamento” (il fair play)
ha un valore ben più pregnante rispetto ai comportamenti rilevanti in sede
civile o penale; se così non fosse qualcuno ci dovrebbe spiegare a cosa servono le costosissime campagne mediatiche
sul fair play a livello mondiale,
nelle competizioni sportive.
In conclusione, nel caso portato ad esempio, e
ritenendoci “buon padre di famiglia” (portatori, cioè, della “sensibilità media” per i casi del genere), ci saremmo aspettati
tre giornate di squalifica per Lamela (per la reazione mediante sputo, quale
“reazione” assimilabile a violenza), ma
anche una giornata a Lichtsteiner (per la “provocazione” derivante dalla
violazione del criterio di correttezza verso avversari - fair play).