giovedì 2 giugno 2011

Una stagione di calcio

Per la felicità di chi "odia" il calcio, le finali di Champions e Coppa Italia del fine-settimana scorso hanno mandato in archivio la stagione 2010/11, almeno per quanto riguarda i club delle leghe maggiori (Serie B e Nazionali escluse, quindi). Entrambe sono finite 3-1 per la squadra che tutto sommato era favorita (Barcellona e Inter contro rispettivamente Manchester United e Palermo).
Ovviamente in questo strano Paese il dubbio amletico se Pirlo e Marchisio siano adatti a esprimere il gioco di Conte fa notizia quanto (se non di più) la Schiavone che batte Jankovic, Pavlyuchenkova, Bartoli approdando così alla finale del Roland Garros da campionessa uscente.
Io personalmente limiterò le mie attenzioni al calciomercato, ma ora è il momento di fare una sintesi dell'annata calcistica.

Champions League
Ha vinto la squadra più forte,quella che ritengo la migliore che io abbia mai visto giocare. Tanti piedi buoni, 4 superfenomeni (Piqué, Xavi, Iniesta, Messi, se volete anche Villa), uno stile di gioco insegnato fin dai pulcini: onore a Guardiola & co.
A mandarli fuori ci è andato vicino solo il Mou in semifinale fino all'espulsione di Pepe, e chi storce il naso al catenaccio che il mago di Setubal ha imposto al grande Real dovrebbe rivedersi la finale e le statistiche della finale: provi a giocartela con questi bluagrana? Bene, anche se sei il Manchester, ne prendi 3 e vai a casa. Sì nei hai fatto uno (e hai fatto 1-1), ma con l'unico tiro in porta della tua partita (11-1 il finale) e in più con un'azione viziata dalla posizione irregolare dell'assist-man.
Figura abbastanza magra per le italiane, eliminate da squadre alla loro portata (Shakhtar, Tottenham e Schalke 04): l'unico guizzo la rimonta agli ottavi dell'Inter all'Allianz Arena. Troppo poco per mantenere il terzo posto nel ranking Uefa (e occhio al Portogallo alle spalle): dall'anno prossimo solo 3 italiane in Champions.

Serie A
Anche qui ha portato a casa il titolo la squadra che lo ha meritato di più, quella con più continuità di rendimento e di risultati. Il Milan è passato per diversi metodi di gioco, uomini decisivi e anche solo titolari, ma quando è contato di più, ha sempre risposto presente: lo testimoniano i 12 punti nelle 4 partite di scontri diretti contro seconda (Inter) e terza (Napoli).
Punto chiave, se si può individuarne uno solo nell'arco di un torneo a 38 giornate, il derby di ritorno: i rossoneri senza Ibra schiantano 3-0 i cugini che apparivano in forma nettamente migliore e chiudono loro la porta in faccia.

Estero
Più o meno secondo copione, le lotte Manchester-Chelsea in Inghilterra e Barça-Real in Spagna. Da segnalare sono invece la scintillante stagione del Borussia Dortmund in Bundesliga e soprattutto la nascita di un fenomeno, l'ex-vice di Mourinho, l'allenatore del Porto, André Villas-Boas, il quale sembra destinato a ripercorrere le orme del Mou: il coach più giovane della storia a vincere una finale europea.
Il Porto non ha solo vinto il campionato portoghese, lo ha letteralmente dominato. In 30 giornate ha fatto 27 vittorie e 3 pareggi. Sì, avete letto bene: 0 (zero) sconfitte. Sì, avete capito bene: 84 punti su 90 disponibili; 73 gol fatti e 16 subiti.
Ha vinto la finale di Coppa di Portogallo per 6-2 contro il Vitoria Guimaraes. Insomma, all'interno dei confini portoghesi ha perso 2 partite in tutta la stagione, una in semifinale di Coppa di Portogallo e una in Coppa di Lega (l'unico trofeo cui ha partecipato senza portarlo a casa).
Ma soprattutto: portata a Oporto l'Europa League, battendo 1-0 in finale i rivali del Braga, usciti dalla Champions. Sedici punti su diciotto disponibili nella fase a gironi, fatto fuori il Siviglia ai sedicesimi vincendo anche al Sanchez Pizjuan, il CSKA agli ottavi vincendo anche al Luzhniki, irriso lo Spartak ai quarti (5-1 a Oporto all'andata, 2-5 al ritorno a Mosca), scherzato il Villareal di Beppe Rossi in semifinale (andata 5-1 all'Estadio do Dragao).
Insomma un'apoteosi: se riescono a tenere allenatore e giocatori occhio al Porto l'anno prossimo, anche se ai tempi del Mou, un Barça così non c'era...



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