mercoledì 28 novembre 2012

"L'Amor che move il sole e l'altre stelle"



Nel recente Milan-Juventus, finito, come è noto, con la vittoria del Milan grazie ad un gol segnato su calcio di rigore concesso dal “solito” (così qualificato dal Direttore del Corriere dello Sport, per sottolinearne le ripetute nefandezze) arbitro Nicola Rizzoli, dopo tante discussioni, pareri e moviole si sarebbe raggiunta l’unanimità dei  giudizi: non era rigore (perfino lo stesso allenatore del Milan, Allegri, intervistato dai giornalisti SKY, ha ammesso: “non è rigore”).


Ma, in tutto questo discutere, ci piace porre all’attenzione dei lettori, una tesi, davvero estemporanea ed originale, emersa nel bailamme delle dichiarazioni. Ci riferiamo a quanto affermato da Galliani, Amministratore Delegato del Milan, il quale, sempre ai cronisti di SKY, con la moviola che faceva rivedere l’azione incriminata, ha detto: “Vedete, la palla scende dopo aver toccato Isla” e, poi, ha dedotto e affermato: “significa che la palla ha toccato il braccio di Isla che l’ha respinta in basso”.
Queste parole ci hanno riportato alla mente il versetto con cui il nostro Sommo Poeta chiude la “Divina Commedia”: “L’Amor che move il sole e l’altre stelle”.
Certo, stiamo peccando nell’accomunare sacro e profano: ma quando ci vuole, ci vuole. Sbagliava Dante Alighieri, affermando che il Sole si muove (seppure  spinto dall’Amore). Sbaglia Galliani, affermando che il pallone “scende” cioè, non sale, secondo le sue aspettative,  contravvenendo alla legge di gravità (seppure spinto, a suo errato parere, dal braccio di Isla).
Ma la differenza tra i due errori è abissale.
Dante sbagliava perché, all’epoca, la convinzione era che fosse il Sole a girare intorno alla Terra, e non viceversa (come dicono i giuristi: tempus regit actum); Galliani, che avrà certamente frequentato le scuole elementari (peraltro obbligatorie) non può non conoscere la legge di gravità che governa la nostra vita terrestre: qualunque oggetto, abbandonato a se stesso e non altrimenti ostacolato, tende a scendere in ragione della forza di gravità terrestre (e non occorre alcuna spinta...).

giovedì 27 settembre 2012

Doppio miracolo a Milano



L’edizione odierna della Gazzetta dello Sport, si apre, a tutta pagina, con il titolo “Miracolo a Milano”.
Siamo del parere che, per la  Milano calcistica, di miracoli, ieri, ne siano accaduti due: il primo, quello (il solo) celebrato dalla rosea, è la prima vittoria sul terreno di S.Siro/Meazza del Milan.
Ma noi vorremmo celebrare un altro “miracolo”, peraltro non solo ignorato, ma, addirittura, generato dalla stessa Gazzetta: hanno cambiato le regole  (e la logica matematica) di stilare la classifica del nostro massimo campionato di calcio.

In effetti, i lettori possono verificare che, al momento in cui scriviamo, i tre quotidiani sportivi italiani stilano la loro classifica, dopo la quinta giornata,  come segue:
- Corriere dello Sport: in testa la Juventus;
- Tuttosport: in testa la Juventus;
- Gazzetta dello Sport: in testa il Napoli.

Dov’è  il “miracolo”? Non certo nel fatto che la “rosea” si discosta dagli altri due quotidiani, ma nei “perché” (nascosti). 

Leggendo attentamente i numeri della classifica, se ne deduce che Napoli e Juventus hanno lo stesso punteggio (13); hanno giocato lo stesso numero di  partite (5); hanno segnato lo stesso numero di gol in totale (11) ; hanno subito lo stesso numero di gol in totale (2). Perfetta parità.

Chi conosce poco di calcio potrebbe optare per una elencazione in ordine alfabetico (sarebbe comunque prima Juve e seconda il Napoli). Ma la Gazzetta dovrebbe conoscere bene il calcio.

Chi, invece, conosce bene il calcio, sa che esiste un altro “indicatore” che comporta una notevole differenza nella rappresentazione di contingenti  valori delle squadre in parità totale.

Questo indicatore si chiame “media inglese” che assegna un peso diverso in relazione alle partite giocate in casa ed alla partite giocate fuori casa. Questo indicatore, dopo la quinta partita dice: Juventus +4; Napoli +2 (ovviamente, perché la Juventus ha giocato 3 partite in trasferta, mentre il Napoli, in trasferta,  ne ha giocate solo 2).

La cosa strabiliante è che, dei tre giornali sopra citati, solo la Gazzetta riporta, nella classifica, questo indicatore (comunque facilmente calcolabile per chi ne conosce la struttura); e, nonostante ciò (questo è il miracolo: il non rispetto dei valori espressi dai numeri),  inverte la classifica: primo il Napoli con +2, seconda la Juventus +4.

Pechè  è accaduto questo?  E perché è accaduto proprio ad un giornale (appunto, la Gazzetta dello Sport) che si vanta di “fare tendenza?”.

Sorge il dubbio (non il sospetto...) che la questione sia da ricondurre proprio a questa pseudo filosofia; a questo indirizzo a sfondo tendenziale/moralistico; sfortunatamente (?) utilizzato con una evidente anti-juventinità e, quindi, anti-sportività.

Come ormai tutti sanno, è da questo modo di “fare tendenza” (anti Juventus) che è nata la famosa “volontà popolare” sulla quale i giudici sportivi hanno fondato la loro sentenza nell'affare “Calciopoli” di condanna della Juventus.

sabato 25 agosto 2012

Petrucci, Abete e il dovuto a prescindere



Siamo convinti che l’ex allenatore del Siena, attualmente allenatore della Juventus, Antonio Conte si sia trovato nel posto sbagliato (allenatore del Siena), nel momento sbagliato (quando avvenivano le combine, o comunque se ne parlava), con le persone sbagliate (il calciatore Carobbio e Stellini).

Siamo altrettanto convinti che queste circostanze, innanzi ad un qualsiasi consesso giudiziario democraticamente organizzato e regolamentato, sarebbero emerse in modo evidente e puntuale, con le conseguenti dichiarazioni di insussistenza delle incolpazioni e, quindi, l’assoluzione dell’incolpato.

Questo NON è avvenuto innanzi alla Giustizia domesticadella FIGC, perché, sostanzialmente, trattasi di una NON-Giustizia: non organizzata e non regolamentata democraticamente.

Ebbene, questa NON-Giustizia, così come è, viene strenuamente difesa, perché assertivamente valida, perché assertivamente indipendente dai responsabili politici della relativa organizzazione e regolamentazione (Petrucci per il CONI  ed  Abete per la FIGC); e ciò, contro ogni evidenza dei fatti, ormai chiara (e dichiarata) dalla generalità degli sportivi  italiani e dalle maggiori testate giornalistiche sportive e politiche italiane.

Vediamo, dalle stesse espressioni di Petrucci ed Abete, riportate dai media, come viene  esternata questa strenua difesa della loro NON-Giustizia (domestica). Dove necessario, intervalliamo tali manifestazioni di volontà, con il nostro commento:

Dice Petrucci:
"Basta con questi attacchi ai giudici e alla giustizia sportiva. In queste settimane assisto a esibizioni muscolari che mostrano il lato peggiore di uno sport che non merita mortificazioni. Sembra che l'unico colpevole di questo Calcioscommesse sia Palazzi e non chi ha commesso illeciti. Così non si può andare avanti. Il calcio non può pensare di vivere senza regole o in spregio di quelle esistenti, approfittando di casse di risonanza mediatiche superiori a quelle degli altri sport che invece rispettano le regole e i verdetti anche nei settori professionistici".
  • Ci dica, Petrucci, il nome di una sola persona, che abbia mai detto il contrario; che abbia detto, cioè, che il calcio (come qualsiasi altra attività, ovviamente), possa “vivere senza regole o in dispregio di quelle esistenti”.
  • Il problema caro Petrucci, che lei, da buon burocrate intellettualmente collassato, non riesce a vedere, non è che ci siano o non ci siano le regole e che queste vengano o meno rispettate; il problema che si pone, e che non volete affrontare, è che queste regole, quelle che ci sono oggi, sono inidonee a regolare un qualsiasi tipo di giustizia,  in qualsiasi settore della vita civile: sono, cioè, antidemocratiche e perfino anticostituzionali (e non ci voleva l’Avvocato Bongiorno, per affermarlo...).

Dice Petrucci:
"Non si può immaginare di commentare le sentenze ad ogni grado di giudizio".
  • Questa idea non ha senso; può essere valida solo se riferita al ("suo") Giudice (si fa per dire!) Sandulli, il quale, appena finita la riunione del consesso giudicante di secondo grado, va in onda radiofonica e commenta, in modo scellerato, la sentenza (si fa per dire) appena decisa, ma non ancora pubblicata! Come fate, Petrucci ed Abete, a consentire uno scempio del genere? E continuate a chiamare Giudici e Giustizia tutte queste sconcezze?
  • Altrimenti, questa idea (divieto ai cittadini di commentare le sentenze ad ogni grado) non ha alcun senso (guai, se ne avesse). Perché lei, Petrucci, dice, sostanzialmente: cari cittadini italiani, non pensate e neppure immaginate, di poter mai commentare le sentenze ad ogni grado di giudizio. Incredibile: neppure il più incallito dittatore penserebbe mai ad un divieto del genere, per i suoi sudditi!!

Dice Petrucci:
"Occorre rispettare i giudici, gli arbitri e quanti sono preposti al rispetto delle regole. Altrimenti sarebbe solo caos e questo il CONI non può consentirlo. Per questo: giù le mani dalla giustizia sportiva!”.
  • No, caro Petrucci, lei continua a chiamare giustizia (sportiva), qualcosa che della  Giustizia non contiene neppure i presupposti. E noi questa NON-Giustizia, la rifiutiamo. E se non verrà modificata, noi ci ribelliamo. Come ci si ribella alla dittatura. Qualsiasi. Come la vostra.
  • In democrazia NON esiste il vostro dovuto a prescindere. Al contrario: tutto deve passare attraverso il consenso dei cittadini!


Dice Abete:
"La fiducia nei confronti degli organi di giustizia sportiva è massima, queste realtà vanno rispettate."
  • La sua fiducia. Non la nostra. Perché questa NON-Giustizia è li a salvaguardia della sua  poltrona (e di quella di quei giudici lì), non dei nostri diritti. In democrazia, non esiste fiducia o qualsiasi aspetto della vita “dovuto  a prescindere”.

Dice Abete:
"Un giudice può come tutti giudicare bene o male, tutti possono criticare, ma va riconosciuta la funzione della giustizia che non è appiattita sugli interessi".
  • Tutti possono criticare? Cosa fa, smentisce il suo Capo, Petrucci, che ha appena detto il contrario (“non si può immaginare di commentare - figuriamoci criticare! ndr - le sentenze ad ogni grado”)? Attento alla poltrona!

Dice Abete:
"Chi attacca, non sa che la separazione dei poteri è garanzia di democrazia anche nello sport".
  • Dice, sostanzialmente, Abete: cari italiani se non sapete che la democrazia si regge sul principio della separazione dei poteri anche nello sport (grazie per la disistima!) non attaccateci. Siamo alle solite: si fa finta di non vedere il vero problema (terribile se non fosse una “finta”...), che non è conoscere o non conoscere,  ma: esiste o non esiste nel CONI e nella FIGC la separazione dei poteri rispetto alla NON-Giustizia (domestica)? La risposta, cari Abete e Petrucci, è ormai alla portata di tutte le tasche: NO... Non esiste nel CONI e nella FIGC una Giustizia indipendente dai vertici politici, semplicemente perché i componenti dei vari consessi giudicanti vengono scelti, nominati e pagati dagli stessi  vertici politici (Petrucci, Presidente del CONI e Abete, Presidente della FIGC). Anche per questo non si può parlare di giustizia “domestica”, ma si parla, correttamente, di giustizia “addomesticata”.


Dice Abete:

"Ognuno si assume le proprie responsabilità: il calcio non e proprietà privata, il miglioramento delle persone nel calcio deve essere fatto a 360 gradi e non bisogna bypassare le competenze federali. Noi vogliamo essere una federazione rispettosa delle regole, non accettiamo chi alimenta tensioni e fazioni. Le parole pronunciate ieri dal presidente Petrucci sono altamente condivisibili. Tutto si può migliorare, ma bisogna conoscere i fondamentali delle regole. Se non si conosce quello di cui si parla, si corre il rischio di dire cose che non stanno nè in cielo, nè in terra".

Conclusione
Nell’esercizio delle loro funzioni pubbliche ("E io pago!"...), questi personaggi esercitano il loro potere ricorrendo ad un abominevole conservatorismo delle idee e, non ultimo, delle loro poltrone, esercitandolo attraverso quella "violenza bianca” che al suo manifestarsi risparmia, sì, i corpi; ma distrugge le menti e le coscienze; che sono, poi, i caratteri discriminanti tra un uomo e una bestia.
E tale discrimine, i due personaggi dimostrano di non averlo ancora capito. E continuano, imperterriti, con la loro NON-Giustizia e nella conseguente devastazione delle menti e delle coscienze.

Basta. Il vostro dovuto a prescindere non lo passiamo più sopportare.

Petrucci ed Abete e tutte le vostre pseudo strutture giudiziarie: non ci rappresentate; ci fate  paura; non vi vogliamo più. Dimissioni, subito. E poi, una nuova, democratica, Giustizia.

mercoledì 22 agosto 2012

Dalla "Caccia all'uomo" alla "Caccia alle streghe" a "Caccia alla poltrona"



Crediamo di aver correttamente riportato quanto accaduto nel corso della Supercoppa Italiana giocata a Pechino l’11 agosto corrente, parlando di “caccia all’uomo”  messa in atto dai giocatori del Napoli. 

La ripresa televisiva (non il commento dei cronisti RAI...) è lì a dimostrarlo, nonostante le lamentazioni alquanto ipocrite e chiaramente fuori luogo del quotidiano sportivo “sudista”,  che ha dato voce mediatica all’improponibile “silenzio stampa” attuato dallo stesso club Napoli su dichiarata indicazione del Presidente De Laurentiis.

Ora, sebbene ancora fuori stagione venatoria, ci tocca soffermarci su un altro tipo di “caccia”, che si è messa, meglio, rimessa (dopo Calciopoli), in bella mostra a seguito delle note vicende (Scommessopoli) che stanno accalorando questa estate del 2012: stiamo parlando della “caccia alle streghe”, ormai quasi conclusa, messa nuovamente in atto dalla giustizia sportiva facente capo al notorio Abete (FIGC) nonché all’altrettanto notorio Petrucci (CONI).

Breve premessa: alcune iniziali minuscole, invece che maiuscole, d’ora in appresso, non sono  errori di stampa, ma sono volute: per indegnità.

Abbiamo atteso di conoscere la decisione (giammai “sentenza”, è ben altra cosa...)  di secondo grado, anticipata da pochi minuti dalle edizioni informatiche dei maggiori quotidiani sportivi, perché, come si dice, la speranza è l’ultima a morire; speranza che i deferimenti del procuratore Palazzi, e le decisioni della giustizia sportiva di primo grado (commissione disciplinare) venissero dichiarate per quelle che, in realtà, rappresentano: una "caccia alle streghe".

Tutto confermato (con qualche differenziazione di valore formale e burocratico, solo una perdita di tempo, se non una presa in giro...). A conferma, che non di giustizia domestica si tratta, ma di giustizia addomesticata nel senso che, dato un procedimento, dato un “indirizzo politico”, le decisioni sono bell’è pronte; non servono prove, non servono riscontri, non serve controinterrogare, non serve il secondo grado (conferma il primo), non serve il terzo (così impropriamente denominato), perché confermerà il secondo che ha già confermato il primo.


Questa “non Giustizia”, se non andiamo errati, è stata introdotta agli inizi degli anni ottanta; quando il  “Calcio” era (ancora) uno Sport; ed è rimasta tale ancora oggi che il “Sistema Calcionon è più uno Sport, ma solo un eccellente Business! Cosa sono quei 12 milioni netti all'anno ad un certo Ibrahimovic? Cosa fanno i Presidenti di Palermo e Genoa, se non  business nella compravendita di giocatori? Servono altri esempi? Accontentati: cosa ci fanno,  in Borsa, alcuni club calcistici della nostra serie A? Giocano a tressette?
Basta.

Perché questo è accaduto (e continua)?

Perché, il vero sport nazionale italiano, non è il calcio, ma un altro tipo di caccia: la “caccia alla poltrona”. E chi riesce a conquistare la poltrona CONI  (oggi Petrucci) o la poltrona FIGC (oggi Abete), a tutto si dedica, tranne che alle indispensabili, rispetto all’evolversi del quadro socio-economico, riforme istituzionali (nel caso: le regole della giustizia domestica): per non correre il rischio di perdere la poltrona (non disturbare il can che dorme...).

Per concludere, una domanda al Club Juventus ed al suo Presidente: ma Calciopoli ha insegnato nulla? Cosa vi aspettavate dal secondo grado di questa non-Giustizia, se non una conferma sostanzialmente pedissequa, della decisione del primo grado? E cosa vi aspetterete, ora, dal ricorso al TNAS (impropriamente, terzo grado), se non la conferma del secondo grado che ha già confermato il primo?
Occorreva scomodare lo studio della Bongiorno, per lottare contro la caccia alle streghe?
Cosa possono mai decidere, personaggi (non Giudici, sono ben altra cosa...) messi lì, dai vertici sportivi, con i procedimenti sopra illustrati (no prove, non riscontri, no controinterrogatori, e via di seguito), e con “ l’indirizzo politico“ dettato chiaramente dai loro vertici attuali (Petrucci ed Abete) ai quali avete chiesto ben 444 milioni di risarcimento danni derivanti da Calciopoli, innanzi alla Giustizia (quella vera, seppure amministrativa) del Tar Lazio?

Sarà conferma, o, al massimo (per salvare la faccia...?) come avvenuto per alcuni aspetti di Calciopoli, dichiarazione di incompetenza!


domenica 12 agosto 2012

SUPERCOPPA: anticipata la stagione della caccia (all'uomo) con il placet della RAI



La Supercoppa italiana 2012 ha creato problemi fin dalla scelta della sede di svolgimento. Gli sportivi ricorderanno la diatriba tra la Juventus e De Laurentiis (non il Napoli): la Juve chiedeva di giocare in Italia (ovviamente, escluse Torino e Napoli). De Laurentiis, disse, invece, chiaramente, che intendeva optare per Pechino, perché, così, poteva “promozionare” i suoi film in Cina  (i soliti due piccioni con una fava!). Furbo.

La spuntò De Laurentiis. E la Juve fece buon viso a cattiva sorte.

Una settimana circa prima dell’evento, lo stesso De Laurentiis ci ripensò: voleva giocare con  i tifosi napoletani sulle tribune (cioè a Napoli o, comunque, in Italia). Ciò contro il parere della Juventus che, per organizzare la trasferta in Cina, aveva nel frattempo annullato la tournèe negli USA. E prepotente.

Ma questa volta la spuntò la Juventus: confermata Pechino.

Riportiamo questi antefatti per cercare di dare una seppur minima spiegazione a quanto si è visto in RAI 1, nella trasmissione della partita: i comportamenti da “furbi” e da “prepotenti”, che hanno caratterizzato i narrati  comportamenti di De Laurentiis, si sono, infatti,  riversate sui giocatori in campo: la partita l’hanno impostata “sulla furbizia” e sulla “prepotenza”: ma diciamola tutta, a chiare lettere (chi ha paura della verità?): è stata una indegna caccia all’uomo da parte dei giocatori napoletani (caccia, alquanto in anticipo rispetto alla vera attività venatoria...).

Un’ira furibonda ha accecato i giocatori napoletani, perchè, poco alla volta, si rendevano conto che il loro gioco non “faceva presa” sugli avversari (che non reagivano alle “botte” contrariamente a quanto si aspettavano - qui sta la “furbizia”, andata a vuoto...), ma la faceva (presa)  sul sestetto arbitrale, inizialmente alquanto permissivo (ah, quel rigore non fischiato su Matri, quando si era sullo 0-0!). Sestetto che, poi, intorno alla metà del secondo tempo,  davanti alla recidività incattivita dei giocatori napoletani, ha dovuto prendere atto (era, quindi, prima, nel periodo di indulgenza eccessiva, che l’arbitraggio è stato inadeguato) e provvedere, correttamente, sebbene in ritardo, a sanzionare i falli ed a mostrare i cartellini gialli, prima, rossi, poi, per la reiterata violenza dei falli e delle scorrettezze subite dai giocatori juventini, e dallo stesso gruppo arbitrale.

Questa ira furibonda è la stessa che ha ispirato (si fa per dire...) l’articolista del Corriere  dello Sport che ha ricevuto la benedizione del suo Direttore (da poco tempo passato da Tuttosport al Corriere dello Sport) con l’autorizzazione alla stampa di una prima pagina che definire,  essa si, vergognosa, è un complimento. Questo giornale (e relativo giornalista), avendo visto la partita con lo stesso spirito da furbi e da prepotenti che avevano caratterizzato il De Laurentiis  e i giocatori del Napoli, addebitando la sconfitta del Napoli esclusivamente al gruppo arbitrale,  non si sono neppure soffermati a leggere i dati statistici (fatti e non parole...) sul sito della Lega Calcio; li riportiamo qui, non solo a beneficio dei lettori, ma anche perché, magari, leggendoli, qualche dubbio circa la legittimità della sconfitta dei colori napoletani apparirà, ai citati giornali, giornalisti e cronisti RAI, con ben altra giustificazione, rispetto alle deprimenti accuse di “scandalo arbitrale”.

Possesso palla: Juventus 68%, Napoli 32%.
Tiri dentro/totali: Juventus 8/20, Napoli 6/12.
Palle giocate: Juventus 946, Napoli 488.
Passaggi riusciti: Juventus 75.5%, Napoli 51.7%.
Supremazia territoriale: Juventus 18':59", Napoli 06':16".
Attacco alla porta: Juventus 45.1, Napoli 44.6.
Protezione area: Juventus 55.4, Napoli 54.9.
Pericolosità: Juventus 70.3%, Napoli 39%.
Falli commessi: Juventus 20, Napoli 21.
Angoli: Juventus 7, Napoli 5.    

Certo, questi dati andrebbero “fermati“ con riferimento al minuto finale della partita giocata in parità numerica. Ma essi sono talmente differenziati che appare alquanto verosimile che dovrebbero diminuire le differenze, non i totali, tutti sfavorevoli al Napoli.

Questa ira furibonda è la stessa che ha ispirato (si fa per dire...) il cronista RAI che ha commentato la partita, prima, durante e dopo, come fosse un cronista di Napoli Channel, dimenticando, che la RAI è, invece, un “servizio pubblico” (a nostro carico...), che deve, quindi, rendere un “pubblico servizio”, vale a dire un servizio obiettivo e rispettoso di tutto e di tutti. Ma, in questo, come i lettori che ci seguono ricorderanno, la stessa RAI è ultrarecidiva. Ed  è ormai l’ora di smetterla con questi cronisti da strapazzo, che fanno, al calcio, più danni di uno squadrone di hooligan...

venerdì 10 agosto 2012

LA VERGOGNA: talora rosa, talora Rossi



In questo Paese, come abbiamo già avuto modo di rilevare con riferimenti ad atteggiamenti e/o comportamenti di persone e personaggi sportivi, non c’è ormai più limite per due particolari tipologie etiche:
la spudoratezza: come rappresentata in misura ormai industriale su ogni tipo di media (come, ad esempio, dall’accoppiata Magnini-Pellegrini);
la vergogna:  talora colorata di rosa (Gazzetta dello Sport); talora colorata di Rossi (Valentino).

Circa la spudoratezza dei comportamenti, della ossessione di “apparire” (per beneficiare di laute prebende, ovviamente) senza alcun pudore per la decenza comune, abbiamo già scritto in precedenti articoli con riferimento sia a Federica Pellegrini, sia alla “accoppiata” Magnini-Pellegrini.
Non ci vogliamo ripetere, anche perché le loro sconcezze sono sotto gli occhi di tutti. 

Ci soffermiamo, invece,  sulla vergogna.

1) colorata di Rosa
Gli sportivi che seguono il tormentone di questa estate, etichettato dai media come “scommessopoli”, avranno notato, come il giornalista (“g” rigorosamente minuscola, prego) Ruggiero Palombo, della Gazzetta dello Sport,  nella edizione di Mercoledì 8 Agosto, si sia “fatto bello”, in prima pagina, di un presunto “scoop”, anticipando due giorni prima della pubblicazione, quella che sarebbe stata la sentenza della Commissione disciplinare (effettivamente pubblicata  oggi, 10 Agosto, con decisioni perfettamente identiche, anche nelle motivazioni, a quelle anticipate); addirittura, nella stessa mattinata di mercoledì, intervenendo a Radio  Radio, lo stesso Palombo ha avuto (anche) la spudoratezza di avvertire gli ascoltatori che, in quel preciso momento,  la Commissione "stava scrivendo" la sentenza!

La cosa, in Italia, ormai non desta più tanto stupore.
Viviamo in un Paese dove i processi (sportivi ed ordinari) sembra che si siano  spostati dalle aule dei tribunali  alle riunioni di redazione di certe testate, o,  per lo meno, che questi due ambienti lavorino in simbiosi; un Paese dove le intercettazioni  ambientali, pur “secretate” , si leggono bellamente nelle stesse, notorie testate giornalistiche (per lo sport, la rosea Gazzetta).
Ma c’è un limite, alla vergogna, che è stato superato: la giustizia sportiva (anche qui, “g” minuscola, per indegnità) non sentenzia più in autonomia (checchè ne dica Abete, ormai pienamente svergognato);  ma  si adatta “alla prevalente  opinione”;  segue “il comune sentire” che, guarda caso, viene creato (in ragione dei propri interessi, talora non proprio limpidi)  dalle testate giornalistiche in questione (per lo sport, in primis, la rosea Gazzetta).
Il precedente, disgustoso andazzo di Calciopoli, tirato fuori dal nulla, dall’allora Direttore della rosea, Candido Cannavò, che lo "battezzò" Moggiopoli (poi, a furor di popolo, ribattezzato  Calciopoli),  è lì a fare Storia. Che nulla ha insegnato e tantomeno cambiato. Vero Abete?

2) colorata di Rossi
Ci voleva (per evitare il fallimento!)  la cessione della gloriosa Ducati ai tedeschi dell’Audi, per potersi sbarazzare di uno dei “business” sportivi più “flop” di tutti i tempi della storia dello  sport italiano: Valentino Rossi.
Due anni in Ducati, zero vittorie. Ma, tuttavia, con stipendi, come si dice,“fuori mercato”, che, alla lunga, in uno con le zero vittorie, hanno portato la Ducati esattamente fuori mercato ed al passaggio di proprietà. Una vergogna totale.
La sciaguratezza dell’affare, la facemmo rilevare in un articolo di oltre un anno fa; qualcuno, ci prese a male parole; è proprio vero: il problema, non sono i non vedenti; ma i ciechi di intelletto.
Ma non basta, lo stesso Rossi, negli ultimi tempi, accasatosi altrove (buona fortuna, Yamaha!), non ha perso occasione  per “scaricare” le colpe della sua decadenza (morale, prima che fisica) sugli incapaci (a suo dire) ingegneri della Ducati. Doppia vergogna.

Addio con molto piacere (se lo tenga il suo “bye bye baby” irridente, come suo solito: quando diventerà un uomo?). Restituisse, almeno, il mal tolto (milioni e milioni...) alla Ducati!