domenica 8 luglio 2012

Chi ha paura di Zdenek Zeman?



Recentemente, nel corso di una discussione con un tifoso romanista, circa la validità della scelta di Zeman, quale nuovo allenatore della Roma, dopo aver attentamente ascoltato le perplessità che, al riguardo, gli avevo prospettato, alla fine dice: “Va bene lo stesso, basta che ricominci a punzecchiare la Juventus”.

Detto, fatto.

E’ di ieri una intervista rilasciata da Zeman, alla Gazzetta della Sport (tanto nomine!) nel corso della quale, richiesto di un parere circa il trentesimo scudetto della Juventus, si è espresso, letteralmente, in questi termini:

"Per me sono soltanto quelli che sono stati assegnati. Poi se vado fuori e leggo qualche libro scritto, penso che già 28 sono troppi".

Fra le perplessità che ci eravamo premurati di illustrare, al tifoso romanista, ne riassumiamo  alcune, molto brevemente:

1. In un club come la Roma, avente sede in Roma (capitale d’Italia), appare sconcertante affidare le fortune del Club stesso a persona: 

  • scarsamente acculturata sotto tutti i punti di vista (anche sportivo-calcistico...);
  • non propriamente estetizzante, nella “presenza” e nell’”aspetto”;
  • che in tutta la carriera, ad oggi, non ricordiamo che abbia vinto qualche titolo o trofeo di un certo valore (al più, qualche promozione dalle categorie inferiori);
  • che manca, oltretutto, di valide esperienze calcistiche internazionali;
  • che è affetto da evidenti turbe caratteriali, sia nello svolgimento dell’attività professionale, sia nelle relazioni interpersonali.

2. Tutte queste lacune, per giunta, proprio ora che, come è noto, la Roma è stata acquisita “dagli Americani”;

3. Prevediamo un difficile “panettone”, per questa avventura, che si trasformerà, evidentemente, in una disavventura...


Ora, poche annotazioni  sulla infelice esternazione alla “rosea” (che, detto per inciso, non se l’è lasciata scappare...):

a) dice  Zeman: “se leggo qualche libro scritto”:
- qualche lettore ha mai saputo che esistono anche libri NON scritti?”;
- pur riconoscendo (nel dubbio...) che Zeman sappia leggere libri (ma solo quelli scritti...), dimostra, purtroppo, di non saper leggere le sentenze (come quella di Napoli, che ha riconosciuto indenne la Juventus da qualsiasi violazione di legge), e neppure le Relazioni del Procuratore della giustizia sportiva, Palazzi, come quella presentata nell’estate scorsa, agli Organi di Giustizia sportiva ed archiviata per (volontariamente intervenuta) prescrizione!

b) dice Zeman: “per me [gli scudetti] sono solo quelli assegnati”:
- da chi? Da personaggi come il faccendiere Guido Rossi?
- e come? Con un articolo di stampa sulla Gazzetta dello Sport, come nel caso dello scudetto numero 29 tolto alla Juventus e comunicato da Guido Rossi alla Gazzetta dello Sport, ritenendo, ciò, sufficiente per “assegnare” lo scudetto all’Inter?

c) dice Zeman: “penso che già 28 [scudetti della Juventus] sono troppi”:
- ma NON dice perché; NON dice in quale libro (scritto) lo ha letto; non dice chi lo ha affermato (e, ovviamente, provato);
- perché il problema è questo: se Zeman afferma che “già 28 scudetti per la Juventus sono troppi”, vuol dire che, per le conoscenze che ha (o che millanta?), qualcuno di essi è stato “assegnato”, alla Juventus in modo irregolare.


Conclusione
Crediamo che questo Zeman, lettore di “libri scritti”, debba essere, prima che sia troppo tardi, chiamato dal Procuratore della Giustizia sportiva (Palazzi) per rivolgergli, in primis, come si fa sull’altare nel corso della celebrazione dei matrimoni la domanda: “chi conosce qualche ostacolo a questo matrimonio (alias: ai trenta scudetti della Juventus), parli subito o taccia per sempre.
E per sempre, vuol dire proprio “per sempre”.
Coraggio, si muova chi deve! Anche con denunce penali... O qualcuno ha paura di Zdenek Zeman?

mercoledì 4 luglio 2012

IL CONFINE TRA RICONOSCENZA ED AUTOLESIONISMO


Ci accingiamo ad affrontare un argomento alquanto complesso e spinoso. 

Che tuttavia esiste, sebbene si presenti, generalmente,  in maniera alquanto subdola e sfuggente. 

 L’occasione per trattarlo, sebbene  da tempo ci frullasse nel cervello, ci è stata data dal nostro CT della Nazionale di Calcio, Prandelli,  con queste parole, rilasciate all’ANSA il giorno dopo la finale Europea di Kiev:

'In cosa potevo essere piu' bravo? In finale avrei dovuto avere il coraggio di cambiare di piu'. Ma sarebbe stata una mancanza di rispetto per chi mi aveva portato in finale'.

Sui motivi della “disfatta di Kiev” ci siamo già soffermati, ponendo in rilievo gli errori, anche gravi, commessi da Prandelli  sia nella gestione complessiva del torneo sia, in particolare, nella disastrosa gestione della finale  con la Spagna.

Reso onore allo stesso Prandelli per l’onestà della parziale ammissione  di colpa (riconosce che, almeno nella finale , doveva cambiare di più. Non basta: il problema è stato anche aver cambiato male; prima e nel corso della partita!), la nostra attenzione è stata attratta dalla motivazione dell’errore ammesso: “sarebbe stata una mancanza di rispetto..” . Vale a dire : non ho potuto cambiare per debito di riconoscenza verso chi  mi aveva portato alla finale.

Questo è il punto; e di questo, ora, tentiamo una analisi 

Intanto, vorremmo ricordare ai lettori, che questa contrapposizione tra Riconoscenza ed Autolesionismo, è alquanto ricorrente nel nostro calcio. Ricordiamo, per brevità,  solo altri due “casi eccellenti”:
1-    nel Mondiale di USA -94 il nostro CT , Arrigo Sacchi, arrivato, anche lui, alla finale, schierò una formazione di uomini stanchi ed infortunati (proprio come Prandelli, a Kiev...). Ricordiamo , in particolare,   la forzata utilizzazione di Franco Baresi (al rientro dopo una operazione al menisco effettuata , appena 25 giorni prima, a torneo in corso) e di Roberto Baggio, infortunatosi nella semifinale di tre giorni prima e non guarito (lasciando colpevolmente in panchina un Gianfranco Zola , peraltro in gran forma). Ma non basta; come i tifosi più appassionati ricorderanno , la finale (contro  un  Brasile per nulla trascendentale...) fini ai calci di rigore; ebbene ricorderete chi calciò i nostri rigori: per primo Baresi: sbagliato; per ultimo, e decisivo, Roberto Baggio: Sbagliato e Mondiale al Brasile. Il giorno dopo, Sacchi, per giustificare la  grossolanità degli errori commessi, usò parole analoghe a quelle  di Prandelli e cioè ( riferendosi al fatto di aver schierato e fatto tirare i rigori a Baggio e Baresi ):  “... per i grandi meriti avuti fino a quel momento” .

2-    Nel Mondiale di Sud Africa 2010, il nostro CT  Marcello Lippi, ritornato alla guida della Nazionale nel 2008 ( dopo due anni “sabbatici”),  richiamato a tale funzione dalla Federazione , assai probabilmente per “debito di riconoscenza” (per aver vinto il precedente Mondiale di Germania 2006), schierò  ben 9 (avete letto bene: nove) dei suoi “Campioni del mondo” di quattro anni prima; ovviamente, anche lui , per aver scelto di adempiere ad un “debito di riconoscenza”(verso chi gli aveva fatto vincere il precedente mondiale); ma con lo stesso (peggiore)  risultato di Sacchi e Prandelli (ultimi ed eliminati,  già nel girone).

Non andiamo oltre(gli esempi sarebbero innumerevoli): tanto basta per affermare che il problema esiste. E che la tendenza è il privilegiare il senso di riconoscenza a scapito del risultato sportivo (autolesionismo).

Vorremmo, perciò, tentare di “dire la nostra” con l’avvertenza che facciamo riferimento solo al fatto sportivo (in particolare all’attività calcistica),  tralasciando altri aspetti , pur notevoli, come quelli etici  e  filosofici.

Nel mondo delle economie di mercato che caratterizzano le democrazie occidentali, gli impegni professionali sono, generalmente, “orientati al risultato”.
Questo vale, soprattutto, per le professionalità NON  autonome, per le quali,  ovviamente, si deve “rendere  conto” (ai datori di lavoro) dei risultati discendenti dalla propria attività.
I nostri CT della Nazionale di Calcio, sono , appunto, professionisti dipendenti (dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio), profumatamente pagati, e tenuti a “rendere  conto” dei risultati della propria attività.

Naturalmente, nel corso di tale attività si pongono, spesso, situazioni che implicano scelte difficili e problematiche sotto vari aspetti, non esclusi quelli di natura etica e filosofica.

Ebbene, noi riteniamo che, in un quadro come quello descritto, le situazioni “difficili” si debbano risolvere  facendo ricorso al principio basilare: tutto deve andare nella direzione del “risultato” ( ovviamente, ottimale, rispetto ai dati di fatto ).
Quindi, niente  “debiti di  riconoscenza”, con conseguente mancanza di risultato ottimale.
Quindi, ancora, Sacchi, Lippi, Prandelli (et similia), hanno sbagliato.
Eppure, questo ragionamento conclusivo,  ci lascia  ancora una domanda non soddisfatta:
Ma perché Sacchi, Lippi , Prandelli (et similia) hanno scelto diversamente?
E’ una pura casualità?
O c’è dell’altro, che ci sfugge?
Magari qualche lettore ci viene in soccorso?

lunedì 2 luglio 2012

PRANDELLI: dal peccato originale al peccato mortale





In un precedente articolo abbiamo messo in rilievo gli errori iniziali (peccato originale) della gestione di Prandelli finalizzata alla partecipazione della Nazionale italiana di Calcio ad Euro 2012 , nei termini seguenti:

“sta emergendo drammaticamente la mancanza di ricambi  difensivi mentre, viceversa, ci sono tre attaccanti  (Giovinco, Borini e Di Natale) panchinari stabilizzati ed inutili alla causa (salvo  Di Natale per il poco che ha giocato). Ci troviamo  con Abate e Balzaretti usciti dal match con l’Inghilterra quasi distrutti; con Chiellini infortunato  e forse recuperabile ma molto a rischio di ricaduta; con De Rossi col nervo sciatico infiammato. Cosa ne dice Prandelli: mettiamo Giovinco e Di Natale a fare i difensori laterali “bassi” ? (certo, “bassi” lo sono per destinazione naturale...)”.

La sconfitta  nella finale di ieri  contro la Spagna, ha sostanzialmente confermato i nostri timori evidenziando una sostanza dei fatti inequivocabile: l’Italia ha perso senza giocare.

Perché  questo è accaduto ? Vadiamo:

       1-    Per il peccato originale
 -che affonda le radici nelle errate convocazioni di troppi attaccanti  e pochi difensori-centrocampisti; cosa sono venuti a fare Giovinco  e Borini , in questo Campionato Europeo, è un mistero che è apparso tale fin dal primo  momento;  ed è ancora tale;

 2-  Per il Peccato mortale
  -commesso nella gestione dei 23 convocati, avendo schierato sostanzialmente sempre gli stessi undici (con le ovvie sostituzioni dettate dalle circostanze delle partite), portandoli a  giocarsi la finale con la Spagna,  in condizioni fisiche indecenti (e  lo staff medico? se ha avuto voce in capitolo, è evidentemente da sostituire...);

-commesso nel corso della finale, schierando il “solito” undici, senza tenere conto che : 
     -Chiellini era a rischio (come poi accaduto e come si era capito subito,  in occasione del primo gol !);
   -che Thiago Motta era a rischio (come poi accaduto, dopo solo una decina di minuti, lasciando la squadra in inferiorità numerica, per oltre 30 minuti);
    -che  De Rossi solo a forza di volontà “camminava” (di “correre”, nemmeno a parlarne; e si sapeva );
    -che la sostituzione di Montolivo con lo stesso Thiago Motta chiama ancora vendetta, oltre che spiegazione (su questo cambio, insensato sia dal punto di vista tecnico che fisico, qualcuno, sulla Gazzetta di questa mattina , ha adombrato, scherzando ma, forse, non troppo, l’intervento indagatore, da parte del notorio Sostituto Procuratore della Repubblica del Tribunale di Potenza -in verità, ora, del Tribunale di Napoli- Henry John Woodcock ...);
    -che  Balotelli andava avvertito subito,meglio,  "preparato", che si gioca "di squadra" e non da “solo contro tutti” (soprattutto contro una Spagna,  che tutti conosciamo...)

Conclusione:
Troppi peccati,  caro Prandelli.
Il problema, NON è come dice lei:
    -arriviamo a questi tornei già stanchi: non scherziamo; cosa dovrebbero dire Inglesi , Spagnoli e Tedeschi?
     -il CT ha solo pochi allenamenti per “formare” una squadra:  non scherziamo; lo stesso problema   è comune a tutti i CT delle altre Nazionali. Del resto, pur  in queste critiche condizioni, siamo arrivati alla finale (facendo fuori Inghilterra e Germania), e perdendo la finale solo per i peccati, originale e mortale, come   sopra messi in evidenza.